ORDITI – Anna Rita Merico - Werner Herzog: un eremita urbano

Anna Rita Merico



 

Lotte Eisner (1896-1983) storica e rappresentante e anima dell’espressionismo nel cinema tedesco.

Werner Herzog (1942), cineasta e cercatore di sospese, esistenziali verità.

Molte sono le forme che palesano l’esistenza della poesia nell’esistenza. 

Una di esse è il viaggio, la dimensione dell’andare. Dimensione forte che indica la decisione dell’uscire fuori dalla quotidianità per incontrare sé stessi in maniera autentica, solitaria. Poesia è, sempre, una delle modalità dello stare nel dentro del proprio nocciolo di elaborazione.

È bene, dunque, riflettere sulle svariate modalità attraverso cui il pensiero dialoga con gli eventi lasciandoli felicemente deviare verso modi non convenzionali d’essere producendo poesia, incontro con il nerbo dell’esistenza.

1974: fine novembre. Alla notizia del cattivo stato di salute di Lotte Eisner (1896-1983), Werner Herzog parte a piedi per Parigi sentendo, in un atto di totale ascolto di sé, che se vi fosse giunto a piedi, la donna sarebbe rimasta in vita. Prima collisione di dialogo tra pensiero e volontà.

Scorrono le immagini dei paesaggi: sembra di stare con Rudiger Vogler e Robert Lander in Nel corso del tempo (1975) di Wim Wenders. L’uscita da Monaco pulsa, per Herzog, nel vento della iniziazione. Una Germania in bianco-nero di cui Herzog fotografa con lo sguardo una quotidianità banale, sciatta, fatta di periferie perse dal focus di ogni possibile m.d.p. eppure, da lui, maniacalmente “girate”. Cinema dentro.

Un treno che parte, giochi di bambini, volti scialbi, mucche, contadini e rape non raccolte: che il cuore della realtà sia questo pallido tutto infilato nella lentezza di vita ripetitiva e nuda? Un paesaggio di relitti, scorie, perdite, abbandoni, quasi che l’eco del Muro battesse qui, a miglia da una Berlino colorata da freddi e da nebbie opache. Di tanto in tanto immagini si fissano nella retina ed Herzog ne fa fotogrammi importanti per un film che non sarà. Ne fa fotogrammi per una mente capace di guardare solo attraverso la poesia di una regia che taglia e trasmuta. Immagini si staccano e vivono di proprio come la donna che si staglia al buio con una bottiglia di latte in mano.

“…e ad ogni movimento sono cauto come un animale e dell’animale, credo, ho anche i pensieri…” (1)

Un diario sui generis. Un camminare scrivendo. Sulla pagina la poesia s’ammanta di ciò che è rado, scarno, talmente essenziale da essere distorto come i suoi nani, i suoi eccessi, le sue terre di nessuno. Realtà ed irrealtà di confondono e si fondono. Motore è il pensiero di Lotte Eisner. È un pensiero che macina e scava sentiero. La verità siede fuori dalla realtà. Il viaggio è la messa in rappresentazione di una speranza visionaria, magica, archetipica in cui le forze individuali si misurano in maniera antica, eroica, tragica al cospetto di quelle cosmiche. 

“…Il paesaggio mi ricorda il Canada. Caserme, soldati in baracche di lamiera ondulata, bunker della seconda guerra mondiale. A un metro da me si leva in volo un fagiano. Dentro un bidone di latta brucia qualcosa. Una stazione d’autobus abbandonata, i bambini l’hanno tutta istoriata coi gessi colorati…(pg 24)

E poi si alternano i pernottamenti e le lacerazioni ai piedi, l’inizio dell’Alpe sveva, la neve, la tormenta, il silenzio, la stanchezza, un elenco di paesi scorre, una carta Shell, la bussola ondivaga. Ad Elzach avviene quanto accade al centro d’ogni solitario viaggio dell’anima: torno indietro, non c’è altra soluzione che proseguire verso ovest.

…Inimmaginabili cadute di stelle hanno luogo, interi mondi crollano su sé stessi, in un punto solo. La luce non può più fuggire, persino il nero più fondo qui dovrebbe fare l’effetto della luce e il silenzio un effetto di clamore, Il cosmo non è più riempito da niente, è il vuoto più nero che sbadiglia…(pg 52)

Herzog, nella scrittura, impila ogni movimento, ogni presenza. Le sue pagine sono colonne di stalattite che gocciolano. La scrittura ha il ritmo della pioggia battente. Nulla è descritto, tutto è registrato con lo sguardo e cola repentino sul foglio. Il dinamismo della pagina si mostra battente, ripetitivo, trasparente. È poesia incistare ritmo nella parola. 

La più desolata strada in direzione Domremy, non sono più capace di camminare, vado alla deriva.” Ingresso a Brienne, la verità va per i boschi.

L’incontro con una pecora moribonda. Cammina ed aumenta la lunghezza delle tappe. Nella notte l’impatto con la periferia di Parigi. È la vicenda di un eremita urbano. È ricerca di un oltre scavato nei rottami balordi di paesaggi svaniti. Herzog cerca i confini dei limiti dentro l’immenso dell’assenza e del vuoto. Un viaggio che ha i contorni, i cedimenti, le impennate di una scalata verso altezze insperate. Un viaggio che ha i silenzi, le lotte, gli azzeramenti di una permanenza ascetica in preghiera nel deserto.

“…Spesso il mio sguardo andava al di là di una finestra a una grande spiaggia di sabbia. Le onde erano alte, c’era la risacca, e la foschia dell’alba. Hias, dice che vede sino ai confini del mondo. Che siamo prossimi a respirare ciò che si chiama pericolo…” (pg 100)

Sabato 14 dicembre 1974. Herzog giunge da Lotte Eisner. Lei è provata ma in vita.

“…faremo un fuoco e arrostiremo i pesci. Allora lei mi ha guardato con un lieve sorriso e poiché sapeva che ero uno che andava a piedi e perciò un indifeso, mi ha compreso. Per un solo istante, senza peso, per il mio corpo esausto è passato come un soffio di dolcezza. Ho detto: apra la finestra, da qualche giorno io so volare.” (pg 101)

Come per Handke, per Schneider, per Grass, per Wenders, anche per Herzog è un rovistare alto alla ricerca di un annullamento della Storia e di una ridefinizione di soggettività possibile, nel rimbombo di un’epoca che segue il termine della II Guerra Mondiale. 

Germania, pallida Madre, ne dicevano Vieri Razzini ed Enrico Ghezzi (2) affascinandoci ad un dentro di un andare di cui ancora non conoscevamo, noi ragazze/i, né ricadute nelle esistenze di questi intellettuali, né dolore.



https://youtu.be/99SiA1JaJ0k?si=JzhucP5GFDPlBmNq

(Sigla RAI del ciclo “Germania Pallida Madre”, 1990 c.ca)



 Note bibliografiche

1. Werner Herzog Sentieri nel ghiaccio Guanda Editore 2021, Postfazione di Anna Maria Carpi, pg 20

2. Germania Pallida Madre film (1980) della regista Helma Sanders-Brahms. Diviene titolo di una rassegna cinematografica sulla produzione tedesca degli anni ’70-’80 del secolo trascorso, programmata da RAI 3, a cura di Vieri Razzini ed Enrico Ghezzi



Commenti

  1. Fare i conti con la storia, prima del suo annullamento. Reduce da un viaggio in Germania, mi è sembrato di intendere che per i tedeschi la storia è una bolla di cristallo. E sta lì.

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  2. Che bella storia! E che bel modo di raccontarla! Chapeau

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