POESIA ALL'OPERA - Stefania Giammillaro - “Io rea l'innocente accusar del fallo mio?” La Colpa, la Gloria.
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Stefania Giammillaro |
NORMA
Qual cor tradisti, qual cor perdesti quest'ora orrenda ti manifesti. Da me fuggire tentasti invano; crudel romano, tu sei con me. Un nume, un fato di te più forte ci vuole uniti in vita e in morte. Sul rogo istesso che mi divora, sotterra ancora sarò con te
POLLIONE Ah! troppo tardi t'ho conosciuta... sublime donna, io t'ho perduta... col mio rimorso è amor rinato, più disperato, furente egli è! Moriamo insieme, ah! sì, moriamo; l'estremo accento sarà ch'io t'amo. Ma tu morendo, non m'aborrire, pria di morire, perdona a me. «Qui sine peccato est vestrum, primus lapidem mittat» - Chi tra voi è senza peccato scagli la pietra per primo. La Norma di Vincenzo Bellini sembra farsi portavoce del celebre monito tratto dal Vangelo secondo Giovanni cap. 8 v. 7.
L’Opera in due atti e scritta in appena tre mesi nel 1831, parla della storia della sacerdotessa “Casta Diva”, Norma, appunto, che in realtà si scopre aver violato il voto di castità con il romano Pollione, dal quale ebbe due figli. |
Pollione la tradirà con la sua ancella Adalgisa, che, ignara della liaison amorosa che lega la sua “maestra” all'uomo, confessa a Norma il suo peccato, schiacciata dal macigno della colpa e della vergona: “Or per me spergiura e rea cielo e dio ricopre un vel”.
Norma è pronta a vendicarsi sia di Pollione, meditando addirittura di uccidere i figli avuti da quest’ultimo, ciò che ha da sempre malcelatamente ricondotto la figura di Norma alla potentissima Medea; sia nei confronti di Adalgisa, scegliendola inizialmente come vittima sacrificale da immolare al dio per proteggere i Galli che avevano nel frattempo dichiarato guerra ai Romani.
Ma come posso “Io rea l'innocente accusar del fallo mio?”.
Norma, vinta e soggiogata da questa improvvisa quanto profondissima presa di coscienza - una vera e propria illuminazione che, come Araba Fenice, la fa risorgere dalla oscura cecità della rabbia e della vendetta in cui era precipitata vertiginosamente - offre se stessa al rogo, perché è lei e solo lei la sacerdotessa che, anziché esser d’esempio, ha per prima infranto i sacri voti e tradito la patria.
Quale Peccato nella Gloria? Quale Colpa nella Gloria?
Norma ottiene la Gloria, liberandosi dal Giudice-Condanna nei confronti dell’altro, ma non dall’ auto-Condanna. Non vince il Perdono né l’Amore anche se infine Pollione decide di morire con lei e (forse) anche per lei.
Di Colpa per e nella Gloria, rigorosamente postuma e conseguita nella morte, anche in tal caso, auto-inflitta, ne è testimone “viva” e “pulsante”, la straordinaria Anne Sexton (Newton, 9/11/1928 – Weston, 4/10/1974), all’anagrafe Anne Gray Harvey, che non a caso si definiva: «un’attrice nel proprio dramma autobiografico».
Voce tra le più rappresentative della c.d. confessional poetry, seppur a mio parere con accenti e modi diversi, e - azzardo - a volte distanti dalle colleghe Maxine Kumin e Sylvia Plath; la Sexton, un po’ come Norma, ha vissuto in una tormentata irrequietezza la colpa di essere donna, o meglio, nel caso della Sexton, la colpa di realizzarsi come donna-artista, donna-poeta, in una società (alto)borghese che la voleva e la vedeva solo come “madre” e “moglie”: “[…] Ero una vittima del Sogno Americano, il sogno borghese della classe media. Tutto quello che volevo era un pezzettino di vita, essere sposata, avere dei bambini. Pensavo che gli incubi, le visioni, i demoni, sarebbero scomparsi se io vi avessi messo abbastanza amore nello scacciarli. Mi stavo dannando l’anima nel condurre una vita convenzionale, perché era quello per il quale ero stata educata, ed era quello che mio marito si aspettava da me… Questa vita di facciata andò in pezzi quando a ventotto anni ebbi un crollo psichico e tentai di uccidermi».
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Anne Sexton |
I, who was never quite sure
about being a girl, needed another
life, another image to remind me.
And this was my worst guilt; you could not cure
or soothe it. I made you to find me.
Io, che non sono mai stata davvero sicura
riguardo all’essere una donna, ho avuto bisogno di un’altra
vita, un’altra immagine per ricordar-mi [per ricordare me stessa].
E questa è stata la mia colpa peggiore; tu non potevi curarla
o lenirla. Io ti ho fatta per trovarmi.
da The Double Image in To Bedlam and Part Way Back (Manicomio e parziale ritorno), 1960
La Colpa nella Gloria attraversa dunque secoli muovendo dalla rimodulazione della tragedia di Medea in Norma per giungere al complesso di Edipo nella Sexton mai stata amata dal padre (e neanche dalla madre) e per questo mai appagata, mai compensata di quel “vuoto originario”.
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Anne Sexton |
Ostriche
Ostriche mangiammo
dolci bellezze blu,
dodici occhi mi guardavano dal piatto,
asperse di limone e di tabasco.
Avevo paura di mangiare questo padre-cibo
e il Padre rise
e tracannò un Martini
trasparente come lacrime.
Era un farmaco soave
che dal mare veniva alla mia bocca
molle e grassoccio.
Lo ingollavo.
Andava giú come un gran budino.
L’ho mangiato all’una in punto.
L’ho mangiato alle due in punto.
E poi ho riso, abbiamo riso allora
e − fammelo scrivere −
c’è stata una morte,
la morte dell’infanzia
là, alla Casa dell’Ostrica
avevo quindici anni
e mangiavo le ostriche.
Una bambina sconfitta:
la donna aveva vinto.
da “L’estrosa abbondanza”, Crocetti Editore, 1977 - traduzione a cura di Rosaria Lo Russo
Scrive, riguardo alla Colpa del “femminile” ne Il secondo sesso (1949 Gallimard editore riedito postumo nel 2016 da Il Saggiatore), Simone de Beauvoir (Parigi, 9/1/1908 – Parigi 14/4/1986), una delle più autorevoli scrittici dell’esistenzialismo francese: “La donna è condannata a sentimenti di fallimento e colpa, perché se riuscisse a conformarsi alle idee mitiche sulla femminilità, sarebbe un miraggio, non una persona. Da lei ci si aspetta che incarni un’entità non umana: la donna forte, la madre esemplare, la donna virtuosa, e così via. Poiché la femminilità viene facilmente associata col dare priorità ai bisogni degli altri, con l’essere piacevoli e disponibili, quando una donna pensa, sogna, dorme, desidera e aspira per se stessa, diventerebbe meno femminile" – cosa che, secondo le consuetudini sociali del 1949, significava diventare donne peggiori.
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Il secondo sesso di Simone de Beauvoir |
Tanto si è detto, scritto e lottato, e tanto ancora ci sarebbe da dire, scrivere e lottare per ottenere una risposta semplice e diretta alla domanda: “Perché la Colpa è sostrato femminile singolare?”
Ma non è questa la sede. La "sede" sono le strade, i bar, i negozi, gli studi professionali, le aziende, gli uffici pubblici, gli sportelli alle poste e alle banche, i pub, i ristoranti, i caffè letterari, le librerie, le biblioteche, le scuole, la camere d’albergo, gli appartamenti, le villette a schiera, le stazioni, gli aeroporti, gli autogrill, i parchi, i viali alberati, il quotidiano, il buongiorno, buonasera, la buonanotte, il non sapere come salutare quando sono ancora le 13, ogni sguardo e …
il rispetto per il miracolo racchiuso in ogni incontro.
Bibliografia essenziale:
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