A BACIO DI RIMA - Lina Maria Ugolini - Basta/Pasta

 

Lina Maria Ugolini


Pasta d’uomo

condisci te stesso

quanto basta

a dare sapore a ciò che sei

o vorresti essere

nell’essenziale sostanza

dell’anima cruda


[Inedito introduttivo al bacio]



Essenziale, nutritivo, quanto mai duttile il bacio in rima tra PASTA e BASTA
Infonde mobilità alla materia, sazietà per lo stomaco, sollecitazioni al mutare del vivere. S’impasta la creta come la farina, a ricordare l’uomo e la cucina.

Morbida la pasta nel creare consistenza. Dopo occorre aspettare, con pazienza.

«Ciascun uomo è come una pasta molle, suscettiva d'ogni possibile figura, impronta. S'indurisce col tempo, e da prima è difficile, finalmente impossibile il darle nuova figura. Tale è ciascun uomo, e tale diviene col progresso dell'età. Questa è la differenza caratteristica che distingue l'uomo dagli altri viventi. La maggiore o minore conformabilità primitiva, è la principal differenza di natura fra le diverse specie di animali, e fra i diversi individui di una stessa specie.» (Giacomo Leopardi, Zibaldone)

L’essere pasta rimane in noi, consente all’uomo di trasformarsi nel corso della vita.

Pasta di pane per un pezzo di pane.

«La persona animale, segue le mutazioni che governano la materia ma queste leggi non gli daranno la benché minima indicazione su come egli debba agire con un pezzo di pane che ha in mano: se cioè egli debba darlo a sua moglie, a un cane, oppure se debba mangiarlo lui, e se debba difendere questo pezzo di pane oppure darlo a chi glielo chiede. Ma la vita umana consiste soltanto nella soluzione di queste e consimili questioni.» (Lev Tolstoj, Sulla Vita, Feltrinelli, pp.98-99)

Cosa scegliere, cosa fare con pezzo di pane tra le mani? Il problema come ricorda Neruda in un aforisma, comporta altro impegno, la consapevolezza di un impasto vitale:

Nascere non basta.
È per rinascere che siamo nati.
Ogni giorno.

Giorno e quotidianità. Pasta e maccheroni. Teofilo Folengo nel Cinquecento inventa la poesia maccheronica, dosa una lingua in cui malassare parole latine, lemmi italiani latinizzati o con desinenze latine. Nella “Piacevole historia di Cuccagna” di Basile si legge:


Vi è una montagna de caso grattato

e sopra quella bolle un calderone

che getta maccaroni d’ogni lato

e corrono pel caso ruzzolone

e quando sono al pie’ della montagna

ne mangia ogn’huomo senza discrezione”.

A dire il vero chi mangia senza discrezione e in abbondanza un piatto di maccheroni è l’indimenticabile Alberto Sordi. I maccheroni. Un americano a Roma, regia di Steno

E di contro a dire basta, canta Mary Poppins: Basta un poco di zucchero e la pillola va giù 

Stabilire un limite al poetare, nel momento in cui forse si è scritto tanto, si è detto troppo. Basta così, scrive Wislawa Szymborska dando alle stampe ultime poesie dal destino certo quanto incerto.


A una mia poesia


Nel migliore dei casi,

poesia, sarai letta attentamente,

commentata e ricordata.


Nel peggiore

sarai soltanto letta.


Terza eventualità:

verrai sì scritta,

ma subito buttata nel cestino.


Potrai approfittare di una quarta soluzione:

scomparirai non scritta,

borbottando qualcosa soddisfatta

(Wislawa Szymborska, Basta così, Adelphi)


Ogni pasta racchiude un carattere, la fantasia di una forma, di un movimento necessario a produrla. Pensiamo alle orecchiette pugliesi sulle quali restano tracce di polpastrelli donneschi. Ecco un elenco di paste italiane stilato da Tommaso Garzoni nel XVI secolo.

«... Così i cibi di pasta, come polente, gnocchi, maccheroni, lasagne, tagliatelle, vermicelli, sfogliate di più sorti, mantegate, tortelli, tortelletti, ritortelli, truffoli, ravioli senza spoglia e con la spoglia, cascose, casatelle, morselli, pasta tedesca, stelle, stellette, offelle, fiadoni, fiadoncelli, rosoni, guanti, torte, reticelle, pasta finta, mariconda, pastadelle, pastelletti, fritelle, fritelline, migliacci, frilongoti, crostelli, crostate, levatelli; e così le varie specie di minestre, come la suppa, o grassa, o magra...»

Concludiamo il nostro bacio con i versi della poetessa palestinese Fadwa Tuqan, a dire basta alla guerra nel bisogno di pace.


Mi basta

Mi basta morire sulla mia terra
essere sepolta in essa
sciogliermi e svanire nel suo suolo
e poi germogliare come un fiore
colto con tenerezza da un bimbo del mio paese.


Mi basta rimanere
nell’abbraccio del mio paese
per stargli vicino, stretta, come una manciata
di polvere
ramoscello di prato
un fiore.






[A chi legge questo papavero bianco,

petali in pasta di pace]

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