Vincenzo Lauria - su "Incroci obbligati" di Enea Roversi
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Vincenzo Lauria |
Entrate in sala e scegliete liberamente il vostro posto.
Sì, perché la lettura di “Incroci Obbligati” è paragonabile a un'esperienza immersiva.
Le sequenze di immagini create dalla scrittura dell'autore riescono felicemente a valicare la staticità e a diventare racconto filmico, ogni poesia potrebbe essere un cortometraggio.
La silloge, divisa in 5 sezioni, raccoglie testi di un lungo arco temporale (dal 1996 fino al 2016) ma risulta saldamente coesa per sensibilità di osservazione e immutata capacità di cogliere del quotidiano dettagli che diventano ritratti generazionali.
Il disincanto è dichiaratamente la cifra (la seconda sezione della raccolta è intitolata “Disincanto dello scorrere”) di un apolide (“Dal taccuino dell'apolide” è il titolo della prima sezione) che rifiuta di appartenere a qualsivoglia “nazione” che sia dominio di derive umane, urbane, storiche, sociologiche. L'autenticità con la quale ne inquadra e coglie persino i più intimi particolari ci lascia sospesi sopra al baratro di apocalissi quotidiane, persi in una “foresta periferica”.
La postfazione di Enzo Campi approfondisce ottimamente e con ricchezza di sfaccettature il lavoro poetico dell'autore.
Per ragioni di sintesi cito solo due delle poesie presenti nella raccolta consigliandone vivamente la lettura:
A Pier Paolo Pasolini (dalla sezione “Dal taccuino dell'apolide”)
1.
Erba filo spinato e poco lontano, il mare
le spiagge d'estate affollate, a novembre
sono lugubri teatri deserti
palcoscenici ammuffiti e polverosi
qui si conclude la tragedia
va in scena il delitto clamoroso
succulenta portata per mass media.
2.
Qui ti hanno portato e gettato, come
si getta la monnezza nella discarica abusiva
come abusiva è la plastica nei fiumi
abusiva l'intelligenza nell'Italietta post-boom
abusivo il pensiero di chi guarda oltre
e ogni giorno cerca di saltare le barriere.
3.
Hanno voluto chiudere la bocca, ma
quella bocca continua a parlare.
Se solo ci fosse qualcuno ad ascoltarla!
Se per le strade si potesse respirare
aria di speranza e non questo fetore
di rovina da tardo Impero.
4.
Trent'anni di corse affannate
e ben poco è cambiato.
Se tu ci fossi, ora, a indagare
fra le trame melmose
dei giochi di potere
avresti le giuste parole
per ritrarre l'orrore
misero e catodico
di questo assordante vuoto.
5.
Mondo derelitto di accattoni
di scribi e faccendieri
eroi del potere analfabeta
ombre scivolose e madide
dove si perdono i sogni
nel suono dei crisantemi.
Alito pesante di benzina
tra i viaggiatori senza meta.
6.
Nuovi gladiatori dai denti d'oro
affollano le strade della capitale.
Il vento del Tirreno si spinge
fino a Roma: parte il motore
per un nuovo ciak arroventato
da girare senza sosta
ma c'è una verità non vana
che si è fermata
per sempre
davanti alla croce di Ostia.
Camparisoda (dall'omonima sezione)
Per favore lasciate libero il passaggio
fate largo al corteo delle nubi inesplose
volgete loro lo sguardo felice e inebetito
gonfio del vostro ottimismo da camparisoda
le inquietudini moriranno annaspando
tra i cubetti di ghiaccio e le fette d'arancia
le paure si trasformeranno in affari
trionfo dell'impero logica imperante
spessore che cresce e s'irrobustisce
un'aria nuova percorrerà le strade
gli elettroencefalografi non daranno più
fastidio alcuno nel silenzio reale
della radura urbana trasformata.
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