Lina Maria Ugolini - A bacio di rima: Posa/Cosa

Lina Maria Ugolini


In posa di cosa. Un bacio statico, da suppellettile o altro oggetto di un quotidiano che riporta al vivere in una casa e di una casa anch’essa cosa. Percepire di questo luogo ogni rumore, eseguire gesti collaudati, rassicuranti nell’incerto procedere dell’esistenza.

 

I suoni del risveglio:

la mano sulla maniglia della porta

il vetro trema

i cardini piccole ossa inopportune.

Il profumo di caffè

le molliche di pane

il miele acceso di sole

in poco crema

rappreso nell’ orlo di chiusura

colato in usura dal cucchiaino in goccia di lacrima.

La mano sul mazzo di chiavi

canto di giusti spiccioli

utili a custodire

ogni tua cosa

salvadanaio in fessura

la casa.

 

(Lina Maria Ugolini, inedito)

 

Cose e azioni in elenco, a mettere ordine nel disordine del caso in agguato.

Posa di cose in casa per caso. O forse no. Posa voluta da una cura, conseguente a un acquisto suggerito da una pubblicità, ragione economica ed esistenziale della società dei consumi.

Georges Perec scrive per le cose un libro, inventa un linguaggio che le circonda, le nutre, scava in ciò che sta sotto e che l’uomo instilla in esse. Racconta in ironia di una coppia vittima del consumismo, circondata da un universo di oggetti accumulati da pulsioni erotiche ed estetiche:

 

«Camminavano lentamente. Si fermavano dinanzi a ogni antiquario, incollavano gli occhi alle vetrine oscure, distinguevano attraverso le saracinesche i riflessi rossastri di un divano di pelle, la decorazione a fogliame di un piatto o di un vassoio di maiolica, il luccichio di un bicchiere sfaccettato o di un candeliere di ottone, l’elegante sagoma di una sedia viennese.

Di fermata in fermata, antiquari, librai, negozi di dischi, le liste esposte dei ristoranti, agenzie di viaggio, camiciai, sarti, formaggiai, calzolai, pasticcieri, salumerie di lusso, cartolerie, i loro itinerari componevano un vero universo: lì riponevano le loro ambizioni e le loro speranze. Questa era la vera vita, la vita che volevano conoscere, che volevano fare: era per quei salmoni, per quei tappeti, per quei cristalli che, venticinque anni prima, un’impiegata e una pettinatrice li avevano messi al mondo.» (Georges Perec, Le cose, Einaudi, 2011, pp. 71-72)

 

«Piena di strade e di negozi, la città, di vetrine piene di luce, con tanta gente che lavora, con tanta gente che produce…» Giorgio GaberCom'è bella la città - G. Gaber

Di posa e cosa scrive Trilussa, in pochi versi, in tocco di volo.

La felicità

C’è un’ape che se posa
su un bottone de rosa:
lo succhia e se ne va…
Tutto sommato, la felicità
è una piccola cosa.

 

Il filosofo giapponese Kitarō Nishida descrive il wabi-sabi ovvero il piacere, il sentimento, di contemplare qualcosa che porta con sé i segni del tempo. L’ocra che accende d’oro stanco le foglie d’autunno, patina sulla carta di antichi libri, fotografie. Una ruga, un filo d’argento tra i capelli, segni d’una imperfezione che contiene bellezza. Pari nell’amore di un invecchiare insieme, cose da notare e annotare come in questa nota poesia di Stefano Benni.

 

Le piccole cose che amo di te

 

    Le piccole cose

    che amo di te

    quel tuo sorriso

    un po’ lontano

    il gesto lento della mano

    con cui mi accarezzi i capelli

    e dici: vorrei

    averli anch’io così belli

    e io dico: caro

    sei un po’ matto

    e a letto svegliarsi

    col tuo respiro vicino

    e sul comodino

    il giornale della sera

    la tua caffettiera

    che canta, in cucina

    l’odore di pipa

    che fumi la mattina

    il tuo profumo

    un po’ balsé

    il tuo buffo gilet

    le piccole cose

    che amo di te.

 

    Quel tuo sorriso

    strano

    il gesto continuo della mano

    con cui mi tocchi i capelli

    e ripeti: vorrei

    averli anch’io così belli

    e io dico: caro

    me l’hai già detto

    e a letto sveglia

    sentendo il tuo respiro

    un po’ affannato

    e sul comodino

    il bicarbonato

    la tua caffettiera

    che sibila in cucina

    l’odore di pipa

    anche la mattina

    il tuo profumo

    un po’ demodé

    le piccole cose

    che amo di te

 

    Quel tuo sorriso beota

    la mania idiota

    di tirarmi i capelli

    e dici: vorrei

    averli anch’io così belli

    e ti dico: cretino,

    comprati un parrucchino!

    E a letto stare sveglia

    e sentirti russare

    e sul comodino

    un tuo calzino

    e la tua caffettiera

    che é esplosa

    finalmente, in cucina!

    La pipa che impesta

    fin dalla mattina

    il tuo profumo

    di scimpanzé

    quell’orrendo gilet

    le piccole cose

    che amo di te.

(Stefano Benni, Prima o poi l’amore arriva, Feltrinelli, 2009)

 

E poi ci sono le cose che abbiamo in comune, cantate da Daniele Silvestri, cose che sono 4.850Le cose in comune - Daniele Silvestri


Da qualche anno di pose in poesia e di ritratti poetici mi occupo per necessità di conoscenza. La posa di chi sceglie di sedersi davanti alla penna del poeta circoscrive il tempo di un osservare, il tempo di una canzone. Leggete di questo articolo: Ritratti di poesia. Scegliete poi voi con quale musica tracciare il recinto di un cerchio.

Poetry therapy Italia - Rivista di Poesia


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