Stefania Giammillaro – “Vendetta tremenda vendetta!” Quando l’amore manca di rispetto
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Stefania Giammillaro |
[…]
L'amour
est l'enfant de Bohème,
Il n'a jamais, jamais connu de loi;
Si tu ne m'aimes pas, je t'aime;
Si je t'aime, prends garde à toi! (Prends garde à toi!)
Si tu ne m'aimes pas,
Si tu ne m'aimes pas, je t'aime; (Prends garde à toi!)
Mais si je t'aime, si je t'aime;
Prends garde à toi!
- Trad.
[…]
L'amore
è figlio della Bohème,
Non ha mai, mai conosciuto legge,
se tu non mi ami, io ti amo
se io ti amo, attento a te!
La Carmen, opéra-comique
della seconda metà del XIX secolo del compositore Georges Bizet, colpisce per la sua sorprendente attualità.
La celeberrima Habanera - L'amour est un oiseau rebelle, da cui è tratto il brano citato in esergo, è un biglietto da visita,
una reference letter della protagonista, la zingara Carmen, appunto, che
dichiara di condurre la propria vita esattamente per come intende il sentimento
amoroso da bohémien, minacciando
l’eventuale malcapitato che dovesse legarla ad un qualche inspiegabile afflato
di prestare attenzione: “Mais si je t'aime, si je t'aime/Prends garde à
toi!”
Un monito, insomma, che ha sapore di vendetta.
È una donna estremamente moderna che detta le regole
di condotta cui gli altri, in specie gli uomini, devono soggiacere, ma che lei per
prima non sarebbe disposta ad assecondare, nemmeno per cause di cuore. Così
ammalia con il suo fascino da sirena incantatrice, il sergente Don Josè,
il quale, per averla aiutata a fuggire dalla prigionia, è stato incarcerato e
degradato a soldato semplice.
Carmen poi confesserà di
essersi innamorata di José, ma il loro rapporto è costellato di continue
minacce d’abbandono da parte di lei e dure messe alla prova. Sarà vero amore?
I tarocchi svelano un futuro nefasto per entrambi:
la morte vicina prima di Carmen e poi di José.
Fu così che la fuorilegge decide di piegarsi
devota alla ineluttabilità del destino, l’unico Dio in cui crede, e lascia José
per preferire la corte del torero Escamillo, che le promette onori e
ricchezze.
Ma José non si rassegna e la attende
il giorno della corrida di Escamillo. Un’amica la avverte preoccupata
della sua presenza, ma lei:
“Non sono donna da
tremare davanti a lui, resto qui, l’aspetto… e gli parlerò.”
José le si palesa qualche
istante dopo e nonostante le angherie e le mortificazioni subite, si dichiara
ancora innamorato di lei:
“José: Carmen, siamo ancora in tempo, o mia Carmen, lascia
che io ti salvi, te che adoro, e che mi salvi con te!
Carmen: No! so bene che è
l’ora, so bene che mi ucciderai; ma, ch’io viva o che muoia, non cederò!”
Anche la famosa poetessa russa, candidata nel 1965 al premio Nobel per la letteratura, Anna Andréevna Achmátova (Bol'soj Fontan, 23 giugno 1889 – Mosca, 5 marzo 1966) non cede, declinando la propria personale sete di vendetta senza “regali terribili” “di un fazzoletto odoroso e fatale”; ma non consegnandosi più a bieche ed ingannevoli lusinghe amorose: Anna sceglie di corrispondere con la propria assenza (mai più tornerò da te), colui che volesse rievocare “l’ ebbrezza delle nostre notti ardenti”.
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Anna Andréevna Achmátova |
Ah, tu pensavi che anch’io fossi una
che
si possa dimenticare
e
che si butti, pregando e piangendo,
sotto
gli zoccoli di un baio.
O
prenda a chiedere alle maghe
radichette
nell’acqua incantata,
e
ti invii il regalo terribile
di
un fazzoletto odoroso e fatale.
Sii
maledetto. Non sfiorerò con gemiti
o
sguardi l’anima dannata,
ma
ti giuro sul paradiso,
sull’icona
miracolosa
e
sull’ebbrezza delle nostre notti ardenti:
mai
più tornerò da te.
(Da Anno Domini, 1921)
La promessa suggellata dalla Achmátova è firmata col sangue per
rivendicare se stessa, la propria dignità di donna. La vendetta è rifiuto
all’uomo che non merita il suo amore, che non merita lei come donna. Qui la
modernità è resa da una donna che sa farsi rispettare, non è rappresentata da
colei che non ha bisogno di nulla perché basta a se stessa, pena l’ammenda a
carico di chi la contraddice.
Non
è il tuo amore che domando.
Si
trova adesso in luogo conveniente.
Stanne
pur certo, lettere gelose
non
scriverò alla tua fidanzata.
Però
accetta dei saggi consigli:
dalle
da leggere i miei versi,
dalle
da custodire i miei ritratti,
sono
così cortesi i fidanzati!
E
conta più per queste scioccherelle
assaporare
a fondo una vittoria
che
luminose parole d'amicizia,
e
il ricordo dei primi, dolci giorni…
Ma
allorché con la diletta amica
avrai
vissuto spiccioli di gioia
e
all'anima già sazia all'improvviso
tutto
parrà un peso,
non
accostarti alla mia notte trionfale.
Non
ti conosco.
E
in cosa potrei esserti di aiuto?
Dalla
felicità io non guarisco.
(Non è il tuo amore che domando, 1914
- La corsa del tempo, Torino, Einaudi 1992, traduzione di Michele Colucci)
La poeta non disdegna, quindi,
l’amore in generale, ma rifugge dall’amore di colui che non la ricambia
adeguatamente o dal quale non si sente valorizzata (non è il tuo amore
che domando). Trapela quella costante (e forse mai appagata) ricerca della
bontà negli uomini, che consta del tormento della poeta specie durante il
periodo della censura.
La vendetta è piaga che si
ritrova anche in Rigoletto, primo capitolo della c.d. trilogia popolare di Giuseppe
Verdi
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Il baritono Titta Ruffo nei panni di Rigoletto |
Rigoletto:
Si,
vendetta, tremenda vendetta
Di
quest'anima è solo desio...
Di
punirti già l'ora s'affretta,
Che
fatale per te tuonerà.
Come
fulmin scagliato da Dio,
Te
colpire il buffone saprà.
Rigoletto è
accecato dall’ira e desidera soltanto riscattare l’onore della figlia Gilda, tradita dal Duca di Mantova, presso la cui corte opera come giullare.
Tuttavia, il promittente
vendetta diventa poi vittima di se stesso.
Così Rigoletto pensando di aver ucciso il Duca di Mantova, realizza che il sicario Sparafucile avesse in realtà pugnalato a sangue freddo la stessa Gilda, che in punto di morte gli chiede
perdono per aver voluto sacrificarsi per salvare l’amato Duca, spirando tra le sue braccia
Allo stesso modo, anche la vendetta inizialmente
promessa da Carmen, a chi l’avrebbe fatta innamorare, le si ritorce
contro: Carmen si vendica con José quale unico uomo che si è
permesso di contravvenire al suo schema contra legem (amoris),
ricordandole che è il cuore a dettare regole cui neanche lei può sottrarsi.
[…]
José: Ma io, Carmen, io
t’amo ancora, Carmen, Carmen, io t’adoro!
Carmen: A che serve tutto
ciò? quante parole inutili!
José: Ebbene, se occorre,
per piacerti, resterò bandito, tutto quello che vorrai, tutto, capisci… tutto!
Ma non mi lasciare, ricordati del passato, poco fa ci amavamo!
Carmen: Mai Carmen cederà!
Libera è nata e libera morrà!
E Carmen morirà per mano di José
che, roso dalla gelosia, si trasforma in carnefice della vendetta di cui
originariamente era stato vittima. I tarocchi avevano ragione: lei morirà per
prima, lui morirà subito dopo, ma per pena d’amore.
Carmen
morirà in nome di quella libertà che l’ha resa schiava di se stessa oppure paga
della vera libertà, quella del condannato a morte, di cui il filosofo
esistenzialista Albert Camus (Mondovi,
7 novembre 1913 – Villeblevin, 4 gennaio 1960) parla attraverso il terribile Caligola (Atto Primo – Disperazione di
Caligola, Bompiani –Tascabili, 2015, p. 10 e ss.):
“Caligola: E va bene! Arricchirò le tue nozioni insegnandoti che non esiste che
una sola libertà, quella del condannato a morte. Perché tutto gli è indifferente
al di fuori del colpo che farà scorrere il suo sangue.
Ecco
perché non siete liberi. Ecco perché in tutto l'impero romano l'unico uomo
libero è Caligola, circondato da una nazione di schiavi. Per questo popolo
orgoglioso delle sue libertà irrisorie è infine giunto un imperatore in grado
di donare anche a lui una libertà profonda.
Fate
conto che da questo momento sia sospesa sul vostro capo una condanna a morte,
come per i più cari e liberi dei miei figli.”
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