STELLE CONTROVENTO - Maria Pia Latorre - Nei dintorni di una "poesia vegetale", Lino Angiuli all’Università di Bari
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Maria Pia La Torre |
Giovedì, 14 marzo, presso Palazzo Ateneo, a Bari, all’interno di “Sguardi diversi: la poesia in Puglia oggi”, il poeta Lino Angiuli è stato protagonista del quarto incontro, nell’ambito del progetto “Horizon seeds”, per un ciclo di cinque incontri curato da Carla Chiummo e Mario Desiati.
Dopo l’esauriente introduzione di Carla
Chiummo, professore associato di Letteratura italiana presso l’Università Aldo
Moro, ha preso la parola l’ospite della serata che, di fronte ad un’aula
affollata e attenta, ha presentato la lectio “Nei dintorni di una ‘poesia
vegetale".
A conclusione della conversazione è
intervenuto Daniele Maria Pegorari, docente di Letteratura italiana e
Sociologia della letteratura presso l’Università di Bari.
Il professor Pegorari ha ribadito che gli
scrittori meridionali, per essere credibili, devono scrollarsi di dosso una
certa lamentatio, cosa che Angiuli ha
saputo fare egregiamente usando lo strumento dell’autoironia, coadiuvato con
sapienza dall’esercizio di un’istanza etica.
Pegorari, finissimo e attento critico,
annovera Lino Angiuli tra gli autori italiani più rappresentativi dell’ultimo
trentennio, annullando così quanto affermato da Alfonso Berardinelli, secondo
il quale al Sud non ci sarebbero poeti. Nella parte finale del suo intervento
il docente barese ribadisce più volte che nel panorama odierno è necessario
creare controcanoni capaci di interpretare il Sud che sta cambiando; inoltre
sottolinea l’importanza della “periferia”, come universo da scoprire,
analizzare e valorizzare artisticamente.
Angiuli inizia il suo intervento con la
declamazione di alcuni versi, «So nate jind’alla terre de le pete… (sono nato
nella terra delle pietre)»: un silenzio sospeso riempie l’aula; l’emozione e la
commozione si possono tagliare a fette. Dopo lo scroscio degli applausi che
cadono come pioggia fine, si parte per l’atteso viaggio all’interno dell’arte
del poeta che farà «di tutto per nascere ulivo o diventarlo». Ma Angiuli ulivo
già lo è, per noi un monumento vivente alla poesia che conta, quella che tocca
l’anima.
Il nostro autore che si definisce “madrelingua
dialettale” considera il dialetto “lingua da latte”: «Dentro di noi c’è del
misterioso, per cui quando comincio a parlare intorno alla poesia non so dove
andrò a parare», esordisce. E subito prende il largo nella sua lectio con continui rimandi e giochi di
parole che catturano briosamente l’attenzione del pubblico presente.
Secondo il poeta co-fondatore della rivista
«Incroci», la poesia si basa sull’intelligenza intuitiva che confina con il
mistero. «Il mondo fu creato attraverso la parola. La poesia non vuol essere
capita”, nel senso di essere incasellata, imbrigliata (dal verbo latino capio,
e quindi catturata).
Caratteristica fondante della sua poetica è
l’ironia e l’autoironia che si anima col bambino che è in ognuno di noi e che
in lui è un infante specialissimo. Altra caratteristica che attribuisce alla
sua poesia è la presenza costante dell’antiletterato, una sorta di alter ego che si stacca dalla pagina e
si guarda scrivere. Con lui deve fare i conti il poeta Angiuli, per mantenere
fedeltà al giuramento sottoscritto sessant’anni fa con Calliope.
Il poeta porge agli ascoltatori un’immagine
simbolica: usare la potatrice e il setaccio col concime della creatività; la
poesia non deve essere “psicodiaristica”, ma deve avere un’apertura olistica.
«La mia magnamater non è azzurra o blu, ma marrone, come il terreno», come in
“Sogno in marrone”, contenuta nella raccolta Poesie vegetali, e rifugge inorridito dalle immagini stereotipate
di una terra dai colori piattamente monocromatica.
Questa sorta di lectio
magistralis prosegue tra guizzi linguistici, suggestivi ricordi di vita,
memorie e un originale excursus
formativo-poetico che da Rimbaud approda a Hikmet, a Ungaretti, a Montale fino
alla decisione di sintonizzarsi con la koiné
rappresentata dalla spagnola Generatiòn del ‘27 e poi, nello stesso solco, con
la vicenda di Vittorio Bodini. «La poesia del Sud ha ricevuto da Bodini il dono dello sdoganamento della dimensione
provinciale come ricchezza e verità», egli sottolinea.
Poesia può rimare con antropologia?
s’interroga ora sardonico il poeta, che si definisce come un «un incrocio tra
un albero e una biro». E nel momento stesso in cui si percepisce “incrocio”, si
apre alla dimensione dell’alterità, capace di guardare con occhi “altri” la
realtà che ha deciso di sondare o che gli è capitata in sorte di scrutare.
La sua opera può essere considerata un
manifesto di arte “post-rurale”, rivolta a compiere un necessario salto dal
provincialismo alla provincialità, dal meridionalismo alla meridionalità,
all’insegna di un pensiero mediterraneo che non si chiude nell’asfittico
meridionalismo bensì si apre alla cultura europea, riprendendo quel pensiero
meridiano che il sociologo Franco Cassano ha saputo perfettamente esprimere e
valorizzare.
E ancora, soffermandosi sul valore
dell’avverbio “inoltre” come composto di “in” (riferimento identitario) e
“oltre” (come apertura verso l’alterità) il
poeta invita a superare il proprio interesse per “interessere”, per non
cadere nella trappola suicidaria narcisistica.
L’aver rimarcato il doppio canale d’azione di
questo intrigante avverbio “inoltre” rimanda al nome di una delle riviste da
lui stesso fondata nel secolo scorso; così come l’“incrocio” cui fa spesso
riferimento che rimanda direttamente a “Incroci”, la rivista semestrale di
letteratura e altre scritture, nata
nello studio del lungimirante editore Mario Adda, che oggi si avvia a celebrare
i venticinque anni di attività.
Uno dei punti fermi nell’attività del poeta
valenzanese e fondamentale obiettivo della sua opera è il bisogno di superare
la divisione tra cultura popolare e cultura letteraria. Infine egli invita a
fare della poesia una “pratica coscienziale”, utilizzando l’ecosofia come
strumento per superare la patologia antropocentrica.
Ma qui si apre tutto
un altro capitolo della storia, una storia infinita...
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Lino Angiuli, «Poesie vegetali / Green poems» |
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