Alba Gnazi - Anima Uocis - Intorno alla poesia di Claudio Damiani
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Alba Gnazi |
L’opera poetica di Damiani si snoda per oltre un trentennio.
Gli esordi avvengono negli anni Settanta, con le prime pubblicazioni apparse su Nuovi Argomenti per tramite di Attilio Bertolucci e a seguire sulle riviste romane Braci e Prato Pagano. Per la casa editrice "Abete" esce, nel 1987, la prima delle sue raccolte, quella che racchiude le poesie scritte fin dal 1984, ovvero Fraturno.
Da quel momento l’opera viene presentata con intermittenze piuttosto regolari nel corso di questo lungo arco temporale, alla cui conclusione provvisoria si colloca la pubblicazione di Prima di nascere (Fazi), nella primavera del 2022.
Ricorrenti le tematiche trattate nelle varie raccolte, che abbracciano gli interessi del poeta e ne costruiscono, come in un prisma, diverse angolature di visione. Il tempo, la terra, la casa; gli animali, il lago, la Natura; i posti, le strade, le persone; l’amore, il cielo, la morte: Damiani modula frequenze all’interno di un dialogo atempore, ove gli elementi, a seconda delle diverse ritmie scandite dalle forme e dai pensieri della sua poesia, diventano essi stessi dialogo, referente primario, financo alter ego, che viene spiegato e prolungato da quelle cose vive, tremanti, generose presenti nei suoi libri.
Restano inalterati nel tempo, quale cifra dello stile e suo peculiare modus operandi, il ricorso alla difficile facilità petrarchesca attraverso un lavoro costante e pervicace tutt’attorno e dentro alla lingua e al verso, insieme alla semplicità e all’immediatezza comunicativa, sostanziate da una instancabile ricerca, da un labor limae che elide ogni artificiosità, ogni minima possibilità di fraintendimento.
Ne deriva un dettato poetico estremamente nitido, familiare, che per più tratti si potrebbe definire domestico.
Qualcosa di simile a un canto che permane nella memoria anche quando la musica si è dissolta da tempo. Un canto, la Musica: per l’appunto.
Nelle sue poesie c’è un costante suono di fondo che accompagna ogni verso, una sorta di basso continuo che articola ogni voltare di pagina.
Viene trasmesso da parole, segni diacritici, spazi e silenzi – ve ne sono diversi, di silenzi, in queste poesie: tutti diversi l’uno dall’altro-; costeggia i bordi dell’attenzione, si moltiplica nell’immersione all’interno dei testi, sembra disfarsi, poi riappare.
In questa poesia il suono appare fin da subito:
Veniva ai vetri un’alba luminosa,
m’ero svegliato, non so come,
ma come se ancora dormissi
o come se non ci fosse stato trapasso,
vedevo ai vetri l’alba, e mi pareva,
ora nella memoria a ripensarci,
vedendo la mia stanza di ragazzo
con il tavolo, i libri
e alla finestra le tendine bianche,
e mi pareva che come girasse
come sospesa, come se nel vento
senza fermarsi andasse…
È un suono che sembra precedere la poesia:
v.1 Veniva: l’indefinitezza del tempo e del luogo viene amplificata dalla vaghezza percettiva resa nell’inciso al v.2 non so come, quindi dal tentativo di dare (o darsi) una spiegazione proluso al v.3 come se ancora dormissi e ancor di più al v. 4 come se non ci fosse stato trapasso.
Lo si vede serpeggiare giù giù lungo la catena dei versi, quel suono, appuntandosi ora a un verbo ora a un sostantivo, dileguare oltre uno spazio bianco, per poi coagularsi nel congiuntivo andasse, nel testo preceduto da sospensivi.
Si parla dell’alba, ma presto la poesia conduce altrove, insieme agli oggetti rischiarati dalla luce incipiente, a un tempo raggrumato nella memoria, avviluppato nello sguardo che si posa su ogni cosa, veicolato da un’impressione di attesa.
La sospensione degli eventi viene rifratta dalle allitterazioni, dallo schema paratattico sorretto dai polisindeti, dalle frasi contratte, talvolta slegate sintatticamente.
In tutto questo, resta chiaro e percepibile quel suono di cui si diceva.
È un suono chiaro, come di vento intrappolato negli interstizi, antico.
Un suono al cui interno nasce e si prolunga un respiro diaframmatico, un movimento ininterrotto di inspirazione ed espirazione che cambia colore, altezza, consistenza e durata.
È l’accento, l’anima uocis del sentire, arsi e tesi di un battito.
È il movimento pericardiale che si leva nell’incontro con il mondo e le cose del mondo: è, finalmente, la chiarezza, l’immutabile freschezza della voce e dello sguardo di Damiani.
🙏
RispondiEliminagrazie sempre a te
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