Viola Bruno - Specchio nello specchio

 

Viola Bruno



In questo giorno di rinascita, vi offro un’onda da cui lasciarvi trasportare, una risacca carezzevole, sussurrerò parole lievi, per non infrangere il silenzio oppure la sacralità di un sentimento di gioia.

"Potrei paragonare la mia musica alla luce bianca: essa contiene tutti i colori, solo il prisma può dividerli e farli apparire. Questo prisma potrebbe essere l’anima di chi ascolta.

Sono parole di Arvo Pärt, grandioso compositore estone classe 1935: ho scelto i suoi Tintinnabuli, per traghettarci quest’oggi in un labirinto di specchi.

https://youtu.be/FZe3mXlnfNc

Spiegel im Spiegel

Spiegel im Spiegel si caratterizza per la sua costruzione armonica essenziale volutamente ridotta agli elementi basilari degli accordi (triadi) e per la sua semplice linea melodica espressa dalla scala maggiore. Questa innovativa scelta compositiva, detta Tintinnabuli, permette all’autore di esprimere dei suoni che sono speculari gli uni agli altri, come i rintocchi di una campana, come in uno “specchio nello specchio”.


Arvo Pärt


Björk, introducendo una meravigliosa video-intervista del 1997 con il compositore (https://youtu.be/YfqEAZCYcHI?feature=shared), disse: “Arvo Pärt è un cosiddetto compositore serio che, con molta sensibilità, si porta dentro tutta la battaglia di questo secolo”.

Imprescindibile l’aspetto sacro nel suo lavoro, spirituale senza essere dogmatico: “un rigo sono i miei peccati. Il rigo successivo il mio perdono per essi.”

Non scese mai a compromessi per portare avanti la sua musica ed il suo credo, tanto che fu costretto ad abbandonare la sua terra, un’Estonia sovietica, alla volta di Vienna e poi Berlino. E questo fu l’inizio del suo successo internazionale.

Esprime la mancanza per la madrepatria, la sua Heimat, nell’ eloquente e suggestivo adagio My Heart’s in the Highlands (presente, tra l’altro, nella colonna sonora di La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino).

Il testo è una poesia di Robert Burns del 1789:

Wherever I wander, wherever I rove

The hills of the Highlands forever I'll love…

(Ovunque io vagabondi, ovunque mi avventuri

Amerò per sempre le colline della Scozia…)

“Il canto del poeta alla propria patria diventa nella sensuale e insieme distante voce di Else Torp un percorso mistico senza più terra, senza più spazio. Soltanto onde.”

 https://youtu.be/6UadEvSJMrQ?feature=shared

My Heart’s in the Highlands

Enzo Rastagno, critico e storico musicale, ha scritto un libro su di lui, Arvo Pärt allo specchio[1]: “Da molti anni seguivo la produzione di Arvo Pärt con interesse, subendo il fascino per me misterioso, di dominare il tempo. Desideravo affrontare l’enigma di quella musica così sobria, ma anche così complessa nella scansione dei suoi sospiri.”

E ancora: “Arvo Pärt è persuaso che la musica gli abiti nelle parole, e che il compositore non ha che da estrarla e farla vibrare”, proprio come uno scultore estrae la sua opera dal marmo.

Specchio nello specchio è un’immagine che si ripete all’infinito: lo specchio, in realtà, non è che “la porta dell’immagine, immagine e specchio nascono insieme”.

Da qui muove l’incessante analisi di Andrea Tagliapietra, nel suo saggio La metafora dello specchio. Lineamenti per una storia simbolica dell’immagine[2].

Riflessione e speculazione (reflexio e speculum) definiscono la stessa attività del pensare, la metafora dello specchio è la metafora stessa della filosofia, che riflette e specula sulla totalità delle cose.

“Si se non noverit” – Se non conoscerà se stesso - è la conditio per la lunga esistenza di Narciso, espressa dal cieco Tiresia a sua madre Lirìope, nelle Metamorfosi di Ovidio. Un mito sulla natura matrigna dell’immagine speculare.

Narciso sarà cresciuto lontano da ogni superficie riflettente, finché un giorno vedrà per la prima volta la sua immagine riflessa in uno specchio d’acqua e morirà su quella sponda, consumato da quella vana passione, punizione per aver rifiutato l’amore di Eco per l’esclusivo amore verso sé stesso, trasformandosi poi nell’omonimo fiore.


Salvador Dalì, Metamorfosi di Narciso, 1937

Ciò che lo specchio ci offre è l’immagine delle cose, non le cose stesse. Urbild vs Bild (archetipo vs rappresentazione). Concetto onnipresente in filosofia, da Platone a Foucault e centrale nell’arte di Réné Magritte.

Ceci n’est pas une pipe: questa non è una pipa, è solamente la sua raffigurazione, non è la cosa in sé, ma la sua immagine.

Ci disorienta poi dinanzi al suo dipinto La reproduction interdite (La riproduzione vietata), commissionatogli dall'eccentrico mecenate e poeta inglese Edward James, in cui questi è raffigurato di spalle, di fronte ad uno specchio che rimanda non il suo viso, ma ancora le sue spalle, salvo poi riflettere in modo corretto il libro appoggiato sulla mensola (Les aventures d'Arthur Gordon Pym di Edgar Allan Poe, nella traduzione di Charles Baudelaire).

“Improvvisamente mi assalì un desiderio irresistibile di guardare in basso. Non potevo, non volevo più fissare la parete soltanto, finché con un senso di emozione assurda, indefinibile, in parte fatta di orrore, in parte di sollievo affondai lo sguardo nell’abisso.”[1]


La reproduction interdite, Réné Magritte, 1937





Ispirata e spiazzata da questo dipinto, così significativo nel suo paradosso, io vi lessi in realtà la mia immagine, la mia condizione:

 

Dita che cancellano confini

fiato che rischiara il vetro

sguardi che rapiscono il buio

acqua che asciuga la gola

ombra che non teme la luce

vento che placa le onde

cuore che non batte ma è vivo:

così son io allo specchio

che contraria l’immagine

rimanda.

(Viola Bruno, in Di luce compressa)

 

E d’infiniti specchi raccontano anche i veri poeti…

 

[…] Ascolta

la mia voce lontana

tra nebbie dense

e litanie di chiarore.

Guardami nella quiete degli specchi.

Vedi come ancora, con i resti delle mie mani,

sfioro l’oscura profondità dei sogni

e traccio il mio cuore come sanguinante macchia

sulle candide felicità dell’essere?

(Forough Farrokhzad, da Per le fredde strade della notte)

 

***

La città vive in me come un poema

che non m’è riuscito di fissare in parole.

Da un lato v’è la eccezione di alcuni versi;

dall’altro, accantonandoli,

la vita precorre il tempo,

come terrore

che usurpa tutta l’anima.

Ci son sempre altri crepuscoli, altra gloria;

io provo il logorarsi dello specchio

che non si placa in una sola immagine.

A che questa ostinazione

di configgere con pena un chiaro verso

eretto come lancia sopra il tempo,

se la mia strada, la mia dimora,

spezzatrici di simboli verbali,

mi grideranno domani la loro novità?

Nuove

come bocca non baciata.

(Jorge Luis Borges, Vaniloquio)

 

***

[…] Al di là di te ti cerco

Non nel tuo specchio e nella tua scrittura,

nella tua anima nemmeno.

Di là, più oltre.[…]

(Pedro Salinas, da La voce a te dovuta)

 

Adesso rimango in silenzio, affido a voi gli ultimi campanelli di Spiegel im Spiegel: lasciatevi condurre dentro ad un sogno o sulla cima di una collina ad osservare come il cielo si specchia sulla terra, come tutti noi ci specchiamo negli altri, scambiandoci un segno di pace.

 

 







[1] Edgar Allan Poe – Storia di Arthur Gordon Pym, 1837














[1] Enzo Rastagno - Arvo Pärt Allo specchio – Conversazioni con Enzo Rastagno, Il Saggiatore, 2004

[2] Andrea Tagliapietra - La metafora dello specchio. Lineamenti per una storia simbolica dell’immagine, Donzelli Editore, 2023


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