Stefania Giammillaro su Emilio Paolo Taormina – “Poesie scritte all’aria aperta” - Recensione
![]() |
di Stefania Giammillaro |
Emilio
Paolo Taormina, classe 1938, è penna che non teme il
passare del tempo e resiste e vince il suo inevitabile scorrere grazie alla
forza radicata nei valori, sapori, odori della sua terra, che è anche la mia terra:
la Sicilia.
Con Paolo è stato un incontro fortuito ed estremamente fortunato: la
carissima amica in comune, Daìta Martinez,
ci ha messo in contatto sui social e da lì è iniziata una bella amicizia
epistolare, che sin dall’inizio mi arricchisce e mi onora.
In “Poesie scritte all’aria aperta”, ultima silloge edita di Taormina da Giuliano Ladolfi editore nell’ottobre 2023, possono intercettarsi
le seguenti aree tematiche fondamentali: il Tempo, l’Amore, la Morte, la Poesia,
la Sicilia, o meglio, la “Sicilianità”, tutte indissolubilmente unite e
collegate da un unico filo conduttore: la Natura, onnipresente.
![]() |
Poesie scritte all'aria aperta - E. P. Taormina |
D’altronde, come dichiara di
sé lo stesso autore: “Io sono un uomo
timido portato ad osservare il lento scorrere della natura”. Amore per la
natura che ha una precisa matrice genetico-generazionale: “Mio padre, medico di professione, era
entomologo per diletto e amante della natura. Il nonno era stato il celebre Enrico Ragusa, il maggiore naturalista
siciliano dell’Ottocento e tra i maggiori d’Europa. Oggi le sue collezioni di
coleotteri e lepidotteri sono conservate al British Museum di Londra”.
Un “figlio d’arte”, insomma, che ha vissuto, fotografato, tatuato nell’anima,
in prima persona, i drammatici fatti sociali della sua epoca storica: “La Seconda Guerra Mondiale, i bombardamenti
diurni e notturni, la Banda Giuliano,
Portella delle Ginestre, il Referendum Monarchia o Repubblica, il Separatismo,
la «Regione Sicilia». Io sono di una
generazione in cui ogni uomo aveva un DNA culturale assolutamente individuabile
e personale. Oggi gli uomini hanno un minimo comune multiplo per il quale si possono
inquadrare e capire: la televisione e i mass media. Io sono di una generazione diversa”.
E’ vero, Taormina non solo appartiene
ad una generazione diversa, ma ne è testimone, attraverso i suoi versi, da cui
trasuda un modo di intendere e, soprattutto, di approcciarsi al sentimento
amoroso, che profuma d’altri tempi, quando bastava uno sguardo per far
trasalire il cuore ed esistevano le serenate, le lettere e il corteggiamento
era una vera e propria arte, condita dal senso di onore e di rispetto. Tutto
era dilatato in una dimensione sospesa nella quale poteva cristallizzarsi quell’amore
destinato, per questo, a durare per sempre.
Ho
insegnato a cantare
a
un uccello di carta
con
i miei occhi
ho
spostato colline
fatto
scorrere fiumi
tu
sei l’amore che ho
dentro
di me
ti
ho fatto così bella
che
il tramonto arrossisce
d’invidia
danziamo
intorno a un falò
con
l’eleganza delle fiamme
non
hai un corpo sei musica
nelle
tue vene scorrono note
le
acque del torrente sussurrano
il
giunco e l’ombra
si
abbracciano come amanti
come
le statue apriamo gli occhi
quando
scende la notte
***
Era
gentile
la
mano del vento
tra
i tuoi capelli
sulla
tua fronte
profumavano
gelsomini
e
chiari di luna
cento
cavalli arabi
pascolavano
sul
tuo ventre
come
sulle rive
dell’orsa
maggiore
ma
tu non conoscevi
le
clessidre
eri
altro
come
i fiori dei rovi
che
sognano essere neve
L’amore non è sublimato, ma
colto nella sua essenza sublime, attraverso margherite accarezzate sulle
guance, sorrisi che dicono di amarsi, nella semplicità dei tempi, dei gesti e
dei sentimenti, senza filtri né sovrastrutture.
Anche la morte, pertanto,
non può che essere delineata in tutta la sua durezza vera ed autentica.
La
volpe
azzannata
dai cani
è
venuta a morire
sotto
il noce
nella
bocca serrata
ha
dell’ultima lotta
un
respiro gelato
col
corpo presente
è
sempre difficile
capire
dove
finisce la vita
e
inizia la morte
Così succede che Amore e Morte si somigliano come facce della stessa medaglia, si arrendono
davanti alla consapevolezza di una lotta senza senso perché sanno entrambi di
abitare l’eterno.
Da
quando tu sei morta
è
sempre verde
l’erba
sulla collina
gli
agnelli
sono
sazi
delle
tue preghiere
io
non ho più paura
dei
fantasmi
cammino
braccio
contro
braccio
con
la morte
come
un’amica
la
terra in cui
sei
sepolta
ha
coperto anche me
tu
sei tornata bambina
giochi
con la sabbia
in
giardino
di
notte danzi
con
i conigli
intorno
alla luna piena
La silloge pullula di
epigrammi, quartine, che come schegge poetiche centrano il bersaglio. Nessuno scampo per il lettore, che viene colto dal vento dello stupore, da irraggiungibilità
nascoste in apparenza.
La
camicia al vento
e
un cesto
di
stelle
e
di arance
sul
manubrio
***
La
luna sul mare
è
una tenda
di
pastori nomadi
se
l’acqua
fosse
sabbia
la
raggiungerei
***
L’intero
universo
scritto
sul palmo
della
tua mano
meno
una foglia
La Sicilianità è altra tematica principale trattata da Taormina, il quale ci racconta una “Sicilia solare, mitica, patriarcale, misteriosa, con un aroma nel suo paesaggio di dèi pagani [...]. In questa terra pareva che nulla potesse succedere o fosse mai successo, eppure da Archimede a Pirandello il vento aveva gonfiato la vela della cultura”.
Sicché, con l’orgoglio
tipico della nostra terra, Taormina
chiude la sua raccolta affermando:
Sono
siciliano
le
parole che scrivo
sono
bagnate
di
salmastro
scivolano
sulla pelle
delle
pagine come pesci
conoscono
il
canto delle sirene
gli
incantesimi delle stelle
il
mio cuore
è
circondato dal mare
all’orizzonte
vedo Itaca
fuggita
da un canto di Omero
Infine, la Poesia, altra protagonista indiscussa, come detto, dei versi scritti all’aria aperta dal poeta, il quale, alla domanda: “Cos’è per te la poesia?” risponde: “Chi conosce i meccanismi che portano il rabdomante a individuare la presenza dell’acqua nel sottosuolo? La poesia, quindi l’arte per eccellenza, ha una componente nella vita e nella storia umana e civile dell’artista che dà l’input alla creazione, ma ha anche un lato oscuro e misterioso: l’intuizione non riducibile ai dati della ragione, e poi ha un lato dominante che sono la scienza e la ricerca dell’artista cioè gli strumenti del fare poesia. Non si è poeti per caso, ma per implacabile volontà di ricerca”.
L’input è per
l’autore quell'istinto creativo in conflitto con “una scienza
del verbo che per la sua stessa esistenza vuole plasmare la realtà con la sua
sensibilità”; è l'ispirazione che bisogna catturare prima che sfugga
all'animo del poeta, affinché immortali il proprio sguardo nella realtà.
mi
soffoca il blu del mare
sento
affievolirsi il respiro
nei
battiti del polso
mi
avvelena la cicuta del tramonto
vorrei
appendere alla luna
una
ghirlanda di alloro
la
tunica bagnata del sangue
di
cesare
assassinare
marzo con trenta
pugnalate
l’ulivo
non conosce la sua ombra
balbetta
nel vento
catturo
il verso prendendolo
per
la coda come un fulmine
Insomma, la poesia non si
definisce se non come ricerca di se
stessa: “Io sono fatto così e non ho
la pretesa di avere la formula esatta della poesia. Questa si adatta alla
personalità del poeta. Io sono tutto
questo tempo ed ho una vita privata, emotiva, sentimentale che s’è
realizzata nella proiezione degli eventi sociali, politici e culturali che hanno
scritto la storia degli anni che ho vissuto. […] Se avessimo la formula esatta
della poesia, non avremmo più bisogno di ricercarla, ce la troveremmo in tasca
confezionata in pillole. I veri poeti, quelli che fanno sentire gli aromi del
proprio animo, sono rari. […]Un vero poeta è diverso dagli altri perché
realizza la sua personalità che si traduce in uno stile fortemente
individuabile. Un quadro di Van Gogh
emana le vibrazioni dell’uomo ed è individuabile tra un milione di quadri. Modigliani non è un grande pittore per
le donne che ha dipinto, ma perché ha colto e ha dato loro la sua anima”.
__________________________________
![]() |
Emilio Paolo Taormina |
Commenti
Posta un commento