Anna Rita Merico - Lo Sguardo potente di Mary Oliver
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Anna Rita Merico |
Mary
Oliver ce la
immaginiamo così, viandante, intenta a meditare tra le pagine degli altri
rivoluzionari in poesia, amici di pensiero, tesa a scartabellare nei poteri
conoscitivi di uno scrivere verso intramato nel battito della vita.
Un giorno d’estate
quando tutto
è già stato più che abbastanza
i cespugli selvatici iniziano
a esplodere lungo la berma
del mare; giorno dopo giorno
ti siedi vicino; giorno dopo giorno
il miele continua a farsi
nelle coppe rosse e le api
come gocce d’ambra rotolano
nei petali: non c’è fine,
credimi!, alle invenzioni
dell’estate,
alla felicità che il corpo
è disposto a portare.[1]
Scrivere
poesia ha a che fare con molti elementi. Uno di questi elementi è la postura
dello sguardo. Occorre pensare allo sguardo come ad un corpo in grado di
sapersi posizionare nel cono di realtà individuato, cono di realtà
trasformabile in energia di parola poetica. Lo sguardo potente di Mary
Oliver sa adagiarsi a lato e dentro il Creato. La Sua pupilla oscilla, serena e
dilatata, intorno e dentro ai margini del vivente unendosi ad un unisono di
respiro con esso.
Un
disciplinato e continuo lavoro su sé e sul proprio processo di scrittura
poetica le consente di entrare nelle trame di un progetto che, prim’ancora di
essere progetto di scrittura, è progetto di cambiamento radicale di una forma
del sentire. Mary Oliver sente attraverso l’attivazione di ogni poromegafono del proprio corpo. La Sua pelleocchio è zona attiva dell’intero
suo percepire in sentire. Attraverso
il Suo pelleocchio si catapulta nella
dimensione del vivente e ne succhia nettare elaborando la prima forma di
trasformazione della materia. La materia da Lei individuata ha a che fare,
sempre, con la Luce che filigrana petali, foglie, ambre, rendendole trasparenze
cromatiche, vibranti, pulsanti.
In
questa materia Lei si dipana: materia nella materia, disfacimento nel
disfacimento, costruzione nella costruzione.
…
Una libellula blu –
che risale dalle città bagnate –
vola a pelo d’acqua, tentenna
tra i villaggi del canneto, poi
si posa sul mio braccio.
È bella, ha gli occhi
luminosi, le ali
non sembrano pesare.
All’apparenza respira, perché il petto
–
se si può chiamare così –
si muove a un ritmo veloce.
Quando incrociamo gli sguardi
non so cosa dire.[2]
…
Nel
Suo distendersi dentro al vivente opera un trascendimento della e nella storia.
All’interno del Suo movimento attivo nel Creato, l’Autrice annulla la storia,
squarta ogni filogenesi e si immerge in una ontogenesi che le consente di
ri-creare mondo e farne parola. Il Suo è un movimento di scrittura testuale che
nasce da un progetto di rifondazione dell’umano sentire. Ho impiegato tempo
attento di lettura per cogliere quest’ascensione attraverso cui Mary Oliver
elabora immanenza (la Sua) nel cuore del vivente.
Ciò
perché, l’Autrice obbliga ad un capovolgimento del proprio sentire ciò che
batte nel vivente.
Le
Metamorfosi di Ovidio pongono la trasformazione nell’impatto
dell’incontro tra umano e divino, lì dove la metamorfosi ha a che fare, anche,
con la dimensione della “discesa” ferale da un regno all’altro. Dimensione
tutta debitrice alla storia dei ratti divini perpetrati su giovani corpi alla
soglia del loro passaggio dalla dimensione di una appena accennata giovinezza a
quella di una femminilità più piena. Qui, il salto è cercato, disciplinatamente
bramato affinché possa accadere un annullamento paradigmatico del pensiero che
vuole l’uomo dominante sulla natura.
Proserpina,
nel mondo di Mary Oliver, brama la discesa e, al fondo di essa, trova la
trasmutazione in Bellezza e non lo ctonio asfittico di luce e di vita; Mary
Oliver scandaglia l’esistenza del primitivo sentire e non l’infero del
mancante.
… Ma ora
striscio su come un serpente,
mi arrampico come un orso fino
a dove il muso annusa, fino alla
luce
salvata dalle cosce
delle api e ammucchiata
nel corpo dell’albero.
Com’è chiaro, finalmente,
che mi amo!
e che amo il mondo! Mi arrampico
di giorno e di notte
nel vento, nelle foglie, mi
inginocchio
davanti allo sbrego segreto, le
corde
del mio corpo si tendono
e cantano nel
paradiso dell’appetito.[3]
Di Mary Oliver, fattaci conoscere in Italia da Paola Loreto che traduce testi e cura la bella prefazione a Primitivo Americano[4], affascina la forza di un corpo tutto infilato nella potenza del saper divenire diafano, umbratile per inerpicarsi nel vitale di un’energia che non è primordiale ma primitiva ossia, capace di attivare i sensori primordiali della meraviglia. Oliver non s’intana all’interno della dimensione creatrice della e sulla terra, predilige l’attimo successivo quello in cui l’uomo inizia ad incistare radice d’essere in sé. Una scrittura poetica capace di arretrare sino a dipanarsi in una storia che è l’epoca in cui l’uomo nomina a sé la meraviglia facendone dato conoscitivo. Uno scavo in sé in cui l’arretramento porta dritto al cuore dell’atto del vedere senza colpa. È dimensione del vedere generata da ciò che accade dopo il sonno, dal corpoonda che respira con gl’infiniti pori amebici degli inizi.
Primitivo
come ritorno alla genesi d’ogni processo di umanizzazione in una sorta di
cancellazione ontologica di quanto l’uomo ha realizzato nell’elaborare idea di
natura e idea di progresso nel corso della storia. In Mary Oliver la
consapevolezza del fallimento del progetto culturale occidentale raggiunge un
apice appena pensabile in tutto il portato della sua grandezza poetica: una
poesia apparentemente contemplativa che, in realtà, è poesia che viene dal
portato di una rivolta che vuole soppiantare la ragione e i suoi costrutti
topologici.
È
poesia che fa propri i margini di quanto il pensiero razionale ha posto ai
margini. La domanda possente di Mary Oliver ha a che fare con la ri-fondazione
dell’umano viaggio. Lei, da Signora del pensare poetico in epoca contemporanea,
ne fa sosta e distillato di tempo e grammatica di sguardo, consegnandoci stille
di un viatico, che, una volta conosciuto, s’insinua come canto di sirena dentro
il pensiero, scuotendolo a nuova visione dell’essere.
[1] Mary Oliver, Primitivo americano,
Einaudi 2023, The roses pag 131
[2] Ivi
pag 125 Little Sister Pond
[3] Ivi
pag 159 The honey tree
[4] Mary Oliver Primitivo Americano a cura di Paola Loreto, testo a fronte Einaudi
To
Bellissimo articolo. E grazie di aver gettato luce potente sulla Poesia di Mary Oliver.
RispondiEliminaTi ringrazio
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