Alba Gnazi - Avrei potuto essere un paio di ruvidi artigli

di Alba Gnazi

Avrei potuto essere un paio di ruvidi artigli 

che corrono sul fondo di mari silenziosi.

T.S. Eliot (1)


Essere un artiglio - sì - generoso e muto, ruvido, degno del rapace che lo porta; scabro, privo di conforto, col solo scopo di incidere, di fare dell'onda un urlo aperto nel cavo, sagomare una ferita, una strada a fatica percorribile, perché stretto è il tracciato, ma fondo: e non cambia e non svela che quel piccolo bordo nel raccapriccio dell'abisso; tracciando corre, si allontana nel tratto, ma:
avrei p o t u t o essere: s o n o altro.

Chissà quale in - cisione ci identifica, quale inciso scolpisce su corpi e respiri la propria forma, la propria forza: l'artiglio incide, ché solo quello può: ma io, tu, noi? Si sarebbe potuto scegliere? Si sarebbe potuto (voluto?) (dovuto?) essere altro, un qualcosa di netto e definitivo, in grado a propria volta di in - cidere, segnare, spostare porte e bussole, invertire corsi, allentare segni, concedere repliche?

Prufrock nel mentre invecchia, rimugina, qui e là si incrina, fa per dire questo - ma forse intendeva quello, e chissà se sente ancora il canto delle sirene prima di andare giù, dove c’è inizio e risalita. Canto o nulla.

Dove tintinna, tra luminescenze abissali, un bene nato ogni istante.

Non ho il desiderio di ripetere

il mio pensiero e la teoria che hai dimenticato.

Queste cose sono servite al loro scopo: lasciale andare.

Così avvenga delle tue, e prega che vengano perdonate

dagli altri, come io prego te di perdonare

il bene e il male compiuti. Mangiato è il frutto dell’ultima stagione

e la bestia sazia calcerà il secchio vuoto.

T.S. Eliot(2)

Tutte le cose cooperano per il bene (3) - recita il frammento di un discorso udito chissà quando e perché- magari al termine di una mattinata che si temeva infinita, scorsa via invece senza garbugli. O quando si riceve una notizia così insperata da oscillare tra pianto e risa: che alla fine si mischiano, il pianto e le risa, si scambiano a fiato corto aria e saliva, paura ed euforia, in un mix endocardico dove tutto accade a dirotto, arruffato e finalmente. 

Tutte le cose cooperano per il bene: quel bene che come un figlio si lancia avanti a sé, si lascia andare sapendo che c'è, sperando che torni, che sia sempre accolto e amato, anche quando. No, non tutte le cose cooperano per il bene: magari fosse – sussurra un Sé insonne scrutando il tempo immobile delle tre del mattino. Magari fosse un gioco di predestinazioni, di analogie, di approdi a tappe fisse: non ci si scoprisse spesso animaleschi, pieni di bisogni e frizioni, impulsi idee e poesia (“You! hypocrite lecteur! - mon semblable, – mon frère!”) (4) - ma anche di malessere, scompiglio e discrasie - corpi nudi tagliati via dall’inconscio. 

Non basta assestare facce e rotte, circondarsi di inquietudini per saperle riconoscere, capovolgere sestanti emozionali, mozzare il fiato alle solitudini e a tutto il sostrato delle cose non dette, che mostra quanto breve può essere la corsa di un'eco, se rivolta al muro di fronte. Se nessuno risponde. 

Non basta, ché a volte il bene deve essere sangue e tempesta, in certe albe rintocca forte di qua da un nome, da una parte di sé mai intravista. Allora non resta che seguire, precipitare, oppure ricominciare, nei giorni che hanno dentro intrecci senza inizi, persone, atti, coincidenze cucite tra loro che sembrano divaricare chiarissime trame di luce. 

Quelle che, in tutte le cose che non sempre cooperano per il bene, possono perfino bastare.


Spunta l’alba, e un altro giorno

si prepara a calore e silenzio. Al largo 

sul mare il vento dell’alba

increspa e scivola. Io sono 

qui, o là, o 

altrove. Nel mio principio.

T. S. Eliot (5)




Riferimenti bibliografici:


1. Tratto da T. S. Eliot, Poesie, a cura di Roberto Sanesi, Bompiani, Milano, 1996/2011.
2. T.S. Eliot, da Little Gidding (Quattro Quartetti); trad. A. Gnazi.
3. Passo biblico, tratto dalla lettera di Paolo di Tarso ai Romani.
4. T. S. Eliot, Verso 76 de La sepoltura dei morti, La terra desolata, tratto da Al lettore di Baudelaire.
5. Da East Coker, in La terra desolata / Quattro Quartetti (Feltrinelli, 2010). Traduzione di A. Tonelli.





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