Stefania Giammillaro - Su “Anche Quando è Malora” (Arcipelago Itaca, 2023) di Carlo Giacobbi
nota a cura di Stefania Giammillaro |
"Anche quando è malora" di Carlo Giacobbi |
Mi sono detta “voglio addentrarmi nel labirinto di quei versi”. E così è stato: ho letteralmente assaporato d’un fiato, più che divorato, quelle pagine.
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lui no
una lingua sul collo
un fiato rosso a mormorargli – ti voglio – no
non ce l’ha
l’occhio guercio, il passo cionco
i ragazzini
diavoli in ronda, gli fanno inferno
cantilenano a due note in eco
le sillabe di mostro
le mani a conca sulle orecchie
mentre scappa e scaccia l’aria
con lo sfarfallo da impedito delle braccia
**
l’ha portato alle squillo
uno sdentarsi di risa a scherno
sulla faccia allampanata appena visto
compragli una bambola
riportatelo a casa nonno, su, a nanna
quel suo stare di gesso
la pioggia dentro
***
gli si offre lei
- pietà che non sa cos’altro fare –
nell’audacia oscena e santa di sgranargli la zip
non è amore l’amore
se non sa lo scandalo di sconfinarsi tutto
la ferma, la scansa, dice no, dice
faccio solo, mamma
La citazione in apertura della Szymborska, Voglio una parola cruda […] che descriva più precisa e chiara, è la chiave interpretativa da usare per cogliere la scelta lessicale di Giacobbi: una scelta affatto casuale, ma sbalorditiva nel suo essere “a portata di mano”.
1
notte, luci accese
al bar delle sei
il doppio in un fiato
scartoccia i soldi, gomiti sul bancone
un sisma nelle gambe
nella voce
vuole morire così
lo sfascio nella mente, il buio negli occhi
chissà quale deriva
**
lingua ansante di cane
cespugli di fiato grosso nel freddo
faccia qualcosa, cristo
l’ho sentito dire ad un altro lì fuori
il barista quella volta andato lungo
lo chiami, spingeva la porta
le mani, le vene impazienti
***
no, non volerne sapere
meglio bere
imbambocciarsi per non essere dove si è
quando essere non è più cosa
o è troppo
strozzare fiamme nel groppo fino al delirio
fino al visibilio del vedere
le fioriture dei peschi nel gelo
l’involarsi di rondini luminose dalle tasche
che vanno a cantare
sul luccichio allucinato dei rami ghiacciati
brindare in culo alla pena di non essere amati
o cercare di farlo
Sembra suggerire romanticamente: “svegliatevi amebe”, sgrondatevi dei vostri vacui e superflui –ismi e schiaffeggiatevi di verità, sentite la vostra pelle, cavolo! E mordete ogni giorno finché ce n’è.
35
scherzano la morte
supini alla stellata sui binari
nella tutt’allerta del corpo
al tremore della terra, al crescere nel buio dei fari
colpo di reni a smarcarsi
dal fruscio lanciato a delirio
giocarsela così
a un niente, a un filo
i capelli sfasciati sul viso , poi
**
gridano in ballo d’orso il dito medio
quasi bestemmiando alla sorte
venuti d’adrenalina
te l’abbiamo messo lì
o roba da graffiti da panchina
siamo stati, una notte almeno, vita
e tu
che li schifi
puoi scuotere il capo
dirli fulminati quanto vuoi
con chi te la pigli, sono figli tuoi
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Carlo Giacobbi è nato a Rieti nel 1974. Nella città natale risiede e lavora. Ha manifestato, sin dalla prima giovinezza, interesse per la poesia, la letteratura, il teatro, la musica ed il canto. Ha vinto numerosi concorsi nazionali ed internazionali. Finalista al premio Montano 2021. È nella redazione di Arcipelago Itaca e Versante Ripido. Collabora con Macabor Editore. Scrive recensioni su sillogi poetiche pubblicate su blog on line. Ha pubblicato, da ultimo, Abitare il transito (Arcipelago Itaca), Vicende e chiarimenti (puntoacapo editrice) e Anche quando è malora (Arcipelago Itaca).
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