Marco Brogi – La poesia in musica di Mario Castelnuovo: Intervista al cantautore

 

di Marco Brogi


Con Mario Castelnuovo ne abbiamo combinate di tutti i colori. Tutto ciò che è lecito nella vita noi lo abbiamo fatto o abbiamo tentato di farlo, con un mix di disincanto e allegria, illudendoci di allargare le porte della realtà. Credo che Mario, l’amicizia non c’entra, sia uno dei più grandi cantautori italiani: per varietà di temi, per il modo di porgerli, per la voce, per le musiche mai banali, per la coerenza. Ha portato la sua poesia in musica sui palcoscenici più disparati: Festival di Sanremo, prestigiose rassegne della canzone d’autore, teatri, con incursioni anche in Francia, il tempio della canzone d’autore, dove è stato chiamato più volte, l’ultima due anni fa, per un concerto all’Istituto italiano di cultura di Parigi. Mario, 14 album alle spalle, due romanzi pubblicati (Il badante di Che Guevara, Salerno, 2008, e La mappa del buio, Castelvecchi, 2018) e un terzo in uscita, tante canzoni scritte anche per altri artisti, tra cui Paola Turci, la poesia l’ha sempre frequentata, come si frequenta un amico caro o un posto che ci piace particolarmente. Nei suoi testi è tutto un fiorire di metafore, metonimie, sinestesie, sineddochi, anafore e di tutti gli altri segni distintivi della poesia. Insieme abbiamo portato in giro per l’Italia un recital di canzoni e di poesie e la stessa cosa Mario l’aveva fatta qualche anno prima con il poeta calabrese Pietro Aloise. Quella che vi propongo è la sintesi della nostra ennesima chiacchierata notturna.




Mario Castelnuovo


Mario, cos’è che muove la poesia e la musica?

<La donna. E’ lei che muove tutto. E’ lei, questa creatura meravigliosa, che detta la poesia e la musica>.

Poesia e canzone sono sorelle o cugine?

<Sono sorelle, senza ombra di dubbio. Non dimentichiamoci che sono nate insieme. Nella notte dei tempi la poesia si cantava. Sono entrambe suono e significato>.

Cos’è per te la poesia?

<E’ libertà, un modo per andare oltre il politicamente corretto e per uscire dalle armature. La poesia deve evitare le autostrade, battendo le strade secondarie, i sentieri meno facili. Il poeta non è un cronista, procede per simboli, metafore, va oltre il visibile>.

Chi sono i tuoi poeti di riferimento?

<Sono partito dai simbolisti, soprattutto Rimbaud e Baudelaire, che hanno influenzato le mie prime opere. Ho sempre amato anche Pascoli, il suo senso del mistero. Tra i poeti del ‘900 ho letto molto anche Ungaretti, Wilcock, poeta di straordinario valore di cui, purtroppo, si parla poco, ed Emilio Ragazzoni, bizzarro poeta piemontese anche lui semisconosciuto. Tra i poeti contemporanei che leggo con più interesse, ti prego di scriverlo, ci sei anche tu. E ti prego anche di scrivere che io e te siamo due cialtroni che credono ancora nella bellezza, che è in disarmo>.

Chi sono i cantautori con testi più vicini alla forma poesia?

<Leonard Cohen, che tra l’altro ha pubblicato splendide raccolte di versi, e poi gli chansonnier: Brel, Ferrè, Brassens su tutti. In Italia mi vengono in mente soprattutto Battiato e Conte. Nelle loro canzoni la parola si sposa magicamente con la musica>.

E Mario Castelnuovo?

<Faccio del mio meglio. Posso dire che nel prossimo disco, a cui sto già lavorando, i testi saranno ancora più vicini alla poesia>.

Nell’era dell’intelligenza artificiale sono a rischio di estinzione il poeta e il cantautore?

<Non credo, l’anima ha sempre bisogno di nutrirsi. Però è innegabile che i tempi sono quelli che sono. Il poeta e il cantautore mi fanno pensare agli insetti tipo le api. Quando circolano tante api significa che l’ambiente è sano. Oggi che l’aria è cupa e circola meno bellezza c’è meno spazio per questi insetti rari, ma proprio per questo più pregiati>.



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