David La Mantia - "Plausi e botte. La scuola, la poesia, i ragazzi" - Riflessione critica
David La Mantia |
Nel pezzo che segue cerco di spiegare una volta per tutte la mia posizione sulla scuola, consapevole di percorrere una strada che non tutti i miei amici seguono.
1. La scuola italiana non è affatto messa male, tanto che i nostri ragazzi, quando vanno all'estero (Erasmus, Socrates...), hanno tutti facilità ad inserirsi nei sistemi degli altri paesi. Siamo noi ''vecchi '' a tirare sempre fuori la storia di quanto era meglio prima, di come eravamo bravi trent'anni fa, di come scrivevamo bene.
Ela nostra era una scuola profondamente classista, in cui coloro che andavano al liceo erano pochissimi e spesso legati a famiglie che contavano, era una scuola che tramandava ruoli e che non favoriva la mobilità sociale. Non la rimpiango affatto. Oggi il bacino degli studenti che frequenta i licei ed ha la possibilità di andare all'università si è allargato.
2. Manca una preparazione pedagogica adeguata dei docenti, che non conoscono quasi per nulla strategie di insegnamento ed ondeggiano in gran parte tra mammismo e metodi coercitivi, senza progetti, senza conoscere davvero altre tipologie di processo. In ogni caso la scuola del passato nemmeno si poneva questo problema.
3. Manca una seria e scientifica analisi degli effettivi risultati, aldilà dell'Invalsi e dei rapporti OCSE, peraltro molto generici. Non ci piacciono? Sono inutili per valutare il nostro lavoro? Troviamo insieme un metodo condiviso, proviamolo, valutiamo quel che facciamo, analizziamo i risultati. Non è possibile oggi andare avanti a casaccio, senza sapere a cosa portano le nostre scelte. Non è più possibile andare avanti senza una valutazione seria del nostro lavoro
4. La selezione dei docenti non può essere fatta solo sulle conoscenze (a me per l'abilitazione chiesero le isole intorno allo stretto di Tasman, Port Arthur e le caratteristiche delle pecore merinos), ma deve presupporre almeno competenze relazionali, gestione del gruppo e disponibilità al lavoro di gruppo, oltre ad un'ampia gamma di strategie pedagogiche. Almeno questo.
5. Lamentare il tracollo della scuola presente, lamentare la perdita dell'apostrofo e dell'acca con il pianto, come fanno Polito, Mastrocola, Galli della Loggia e tanti, tantissimi amici ed amiche, le proteste di tanti professori universitari, non aiuta a risolvere nulla, ma è parte del problema. Siamo vecchi, mitizziamo un passato con tante ombre e troviamo in quel passato il mito di una scuola sana e gradevole come non è mai stata. Pensate ai ragazzi dislessici o disgrafici. Agli attuali Bes che una volta venivano bollati come "duri" e fatti fuori da ogni scuola della repubblica.
E infine...Quella che per me è la polemica delle polemiche: i programmi, che, pur aboliti dalla Legge Gelmini nel 2010 e sostituiti con le “Indicazioni Nazionali”, continuano non solo ad essere ancora chiamati tali ma soprattutto a non volersi modificare nel contenuto.
Possibile che a scuola tanti chiudano il programma di italiano di quinta con Saba e il Montale di Ossi di seppia del 1925, fatti di corsa, in tre giorni, rinunciando a 100 anni di letteratura, di critica, di vita associata, di temi, di cambiamento? E questa scelta è indolore nella visione del mondo dei ragazzi? Lo stupido che vi scrive da anni propone poeti come Sandro Penna, Caproni, Fortini, Sereni, Pagliarani, Sanguineti, Zanzotto, Albino Pierro e la poesia dialettale, padre Davide Maria Turoldo e quella religiosa, la Rosselli, la Merini, la Valduga e tanti narratori come Cerami, Fenoglio, Meneghello, Villaggio. Non solo Calvino e Pavese. Ma lo faccio da isolato, tra i sorrisetti di tanti colleghi e credo le critiche di alcuni genitori.
Non ho verità rivelate, potrei sbagliare. Ma credo che sia utile andare verso il presente, per capirlo meglio, per porvi rimedio, se necessario.
imprescindibile!
RispondiEliminaA metà degli anni ottanta mi è successo questo mentre un pomeriggio ero in una campagna da solo con i miei alunni di scuola media per un documentario sul carrubo. Certi pomeriggi il mio preside mi dava le chiavi della scuola per lavorare sul documentario sempre solo con i miei alunni, né bidelli o applicati. Anche allora si facevano buone pratiche, non pagate.
RispondiEliminaSorridente pacca
Un rosso cappottino
tenea la mia bambina
nel raccogliere fiori,
quando venne rincorsa,
così improvvisamente,
da mite, esile toro,
forse desideroso
di una dolce carezza
da tenera manina.
Fu subito panico
tra gli amati miei alunni,
con me lì convenuti,
in quel prato a Minciucci,
per alcune riprese
sul maestoso carrubo.
Uno di loro ed io,
ruzzolando al di là
di un basso muro a secco,
lei con il suo bel mazzo
di fiori ancora in mano
al sicuro portammo.
Dopo più di trent'anni,
in fila da Pitima,
al banco dei salumi,
in attesa d’essere
servito da Francesco,
un allegro officiante,
eccoti un omone alto,
di me più d'una spanna,
mollando una gran pacca
su mia vetusta spalla
ricordar sorridente
di quella volta che
salvammo, da quel toro,
la mia dolce bambina
col rosso cappottino.
Oggi, considerato
questo nuovo sentire,
no, quel documentario
incauto non rifarei.
Ma sì! lo vale tutto
la sorridente pacca.
Salvatore Belluardo