Alba Gnazi - Cinque

 

di Alba Gnazi

C'è il vento, c'è sempre nel pomeriggio su questa falda esposta - da un lato il litorale, dall'altro i monti -, che trattiene, rimesta, rilascia mulinelli di foglie, circostanze di blu sfregate da un abbaglio.

Porta dentro un silenzio così spesso che pare una gioia: è dritto al chiaro, ruvido. Carezza che torna da un ricordo, mentre si dorme in attesa di un luogo, di un volto. Di riposare senza sogni. Riposare indenni.

Il vento scorre lieve sui capelli, sulle voci inumidite dai non detti. Asciuga tutto con pazienza.
Esperto.
Piano.


***

Il muro ha pietre calcificate traverso cui sbucano spine; dietro al muro si assiepano corvi attorno a un'invisibile preda, poi si sparigliano insieme a un refolo più denso, a un'eco di foglie, una contrada di tramonti; qui c'è posto per tutti, verrebbe da dire, ma più ai pensieri che ai gracchianti, costeggiando a lunghi passi il corpo liscio della sera - un bordo tiepido di buio - asintomatico brusio.
Di basse spume il mare, di là, e placido sugli scogli, sull'arenile deserto.


***

La domenica qui nessuno cerca strade. Le si vede riposare, bianche e difese, per una volta anima cruda di un silenzio cosparso di fiori e vento. Qualcuno passa rapido nei rumori e nel piglio. Quando si sa dove andare non si guarda chi è indietro, non si cercano segnali.
Le strade si allungano negli sguardi di chi sfiora percorsi di pazienza; adibiscono a strettoia l'orizzonte, possibile confine avanti. Alloggiano divinità lavorate dagli inquieti, immemori tracciano nebbie basse per ruote lente, per chi traversa cantando, posando piedi leggeri.


***


La casa, le mura, le pentole storte, le ossa scaldate dai bigi violetti, il vento sulle cime strinate dai geli e ciò che pencola inverno rasomuro dove aironi portano zampi rinsecchiti di paglie e strida per veglie diurne, le scale spogliate dal refluo che sverna goccia a goccia tra sete e quiete e bassi di voci in contr ombra ancora innestano tic tac di feroci nostalgie


***

Certa poesia è cucita tra le zolle e gli argini di questa terra e della vallata che anticipa la costa, dagli alberi decidui chini tra rena ocra, fonti sommerse e fossi, dove il vino risponde vermiglio a invocazioni in lingua etrusca e l'olio fiotta tronfio da ulivi verde amaro, patria e frontiera per chi ascolta e chi resta - certa poesia che mi fa, io lo so, viene proprio da tutto questo.




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