La poesia (elementare) della lista- di Anna Martinenghi
di Anna Martinenghi |
“I limiti del mio linguaggio sono i confini del mio pensiero. Tutto ciò che io conosco è ciò per cui ho delle parole.” Ludwig Wittgenstein
Sono una cercatrice di poesia: chiedete pegno ogni volta che lo ripeterò. Oggi lascio come caparra un luogo sicuro dove cercarla. Nei commenti sulla precedente riflessione un’anima bella ha scritto che “cercare parole è un po’ come andare a funghi, che sono già nel bosco ad attenderci, anche se è necessario seguire l’intuito e il profumo che emana il bosco per poterli trovare...”, metafora meravigliosa che rovinerò subito.
Da ricercatrice non teorica, cerco poesia in luoghi non poetici: dentro e attorno ai carrelli dei supermercati ad esempio, dove vengono abbandonati, per fretta e negligenza, inestimabili tesori. Le liste della spesa sono per me fonte inesauribile di stupore, divertimento e naturalmente di poesia elementare.
Nei promemoria di ciò che manca, le persone tornano a misurarsi con la scrittura manuale, esercizio sempre più raro ai tempi nostri: foglio, biro e organizzazione del pensiero. Un’analisi approssimativa definirebbe questi appunti una modalità datata, appartenente a generazioni âgée. Il nostro è il tempo delle app per liste e appunti e la spesa on-line è una realtà ormai assodata, ma è altrettanto vero che,travolti da urgenza, necessità e smemoratezza, prima o poi ricadiamo tutti nell’amabile/temibile girone dei memorandum.
Vediamo alcuni elementi caratterizzanti:
Il supporto cartaceo è spesso improvvisato e già questa è di per sé suggestione poetica e di frenetica precarietà: post-it, biglietti volanti, ritagli. Io scrivo su vecchi fogli di calendario. Sono anziana.
Il segno grafico è per lo più incerto, frettoloso. Talvolta le grafie che partecipano all’elencazione sono più di una: esistono infatti liste scritte per noi stessi e liste compilate per dare istruzioni ad altri.
La differenza sostanziale la esercita il linguaggio. Gli appunti presi per noi stessi sono liberi, non filtrati e privi di giudizio (e cosa c’è di più poetico di un linguaggio senza costrizioni? Nessuno sospetta che ci siano in giro pazze morbose a caccia di parole...). In quelle relazioni non c’è bisogno di spiegare, non necessitiamo di intenzioni e l’ampia libertà di cui disponiamo coincide spesso con spazi di grande creatività che – ringraziando Wittgenstein! - fa sconfinare il linguaggio e il pensiero in qualcosa di nuovo e di più vasto.
Quando trovo uno di quei biglietti, ho la presunzione di entrare nella testa delle persone, aggirandomi nei loro frigoriferi, nelle dispense, ma anche nelle abitudini e priorità. Soprattutto, mi sento più vicina al loro cuore mentre decripto codici semantici privati, ricchissimi di meravigliosi cortocircuiti linguistici.
Di seguito, trovate alcuni dei miei tesori di poesia elementare, che vantano elementi comuni con il linguaggio poetico: sintesi, molteplicità interpretativa e immaginifica, grande capacità evocativa:
- il colossale mangiare cane,
- i fruttini - finestre spalancate su merende, infanzia e affetto -,
- gli assorbenti descritti come petali o alette, deduzione quest’ultima tutta mia, che richiederebbe una parafrasi più elaborata.
Non da meno sono le liste esplicative, in cui il linguaggio torna a essere comunicazione dettagliata destinata ad altri:
- Ecco quindi la richiesta di kiwi gialli duri e dei più complessi 10 pomodori per insalata: non grossi, non acerbi, non maturi.
Nella specificazione scrupolosa delle necessità, siamo esseri complessi e esigenti, bisognosi di definire la nostra originale unicità, esperienza che ho provato in prima persona durante il lockdown, incaricata di fare la spesa per persone diversamente giovani, scoprendo la meticolosa esigenza di esprimere volontà chirurgiche e incontestabili. Serviva un detersivo per i piatti: “non blu, perché il blu non è un colore commestibile” e ammorbidenti in quantità: “solo quelli grandi e rosa”.
L’attività squisitamente umana di preparare liste della spesa ha precedenti illustrissimi, uno fra tutti Michelangelo Buonarroti, che provvedeva a “illustrare” le sue liste, perché il suo servitore non sapeva leggere.
Forte di tutte queste suggestioni, mi concedo un gioco bellissimo, uno sconfino del linguaggio a riprova della mia stravagante tesi: c’è poesia (elementare) nelle liste della spesa?
Vivo sotto un cielo
non commestibile
non grande
non acerba
non matura
Il sole
è un frutto giallo del mattino
senza più petali della notte
nell’alba grossa e rosa
In un angolo
dell’umano risorgere
mangiano i cani
Ai posteri - in omaggio - ardue sentenze.
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