L'INGRATO - David La Mantia - Il Cervo, il Mito, la Poesia.
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David La Mantia |
Animale centrale nella mitologia e poi bel cristianesimo, il cervo torna in diverse tradizioni, quasi tutte legate ad Artemide. Il carro di Diana e quello del tempo è trainato da cervi; trasformato dalla dea della caccia Diana in cervo per aver osato spiarla mentre si bagnava a una fonte, Atteone verrà sbranato dai suoi stessi cani. Ifigenia, offerta in sacrificio dal padre Agamennone per far ripartire le navi achee, è sostituita sull'ara da una cerva bianca cara a Diana. Infine, va ricordato che Ercole cattura la cerva di Cerinea
Già Plinio descrive i cervi come animali mansueti, prudenti e attratti dal bel canto. Ricorda inoltre che sono grandi nemici dei serpenti, ne cercano le tane e con il soffio delle narici li fanno uscire, nonostante la loro resistenza. Nei bestiari medievali, riprendendo Plinio, si dice che l'animale, acerrimo nemico dei serpenti, per stanarli si riempia la bocca d'acqua, la versi nella tana e con un soffio li trascini fuori e li uccida calpestandoli con le zampe. Allo stesso modo si comporta Gesù con il diavolo. In ambito cristiano, rappresenta l'immagine del bene; é, inoltre, anche attributo dell'udito. L'iconografia medievale riprende tali concetti e, nelle immagini del cervo che calpesta il serpente, allude al trionfo del bene sul male. Nelle raffigurazioni profane il carro del Tempo viene trainato da cervi perché, sostiene Petrarca nei Trionfi, il tempo scorre velocemente e il cervo è un animale veloce. È invece l'emblema dell'udito nella tradizione iconografica dei cinque sensi. Infine, i può apparire come attributo dell'allegoria della Prudenza.
L'animale viene citato nelle Sacre scritture parecchie volte, ma l'iconografia cristiana ha preso spunto soprattutto dal Salmo 42 che recita: "Come la cerva anela ai corsi d'acqua, così l'anima mia anela a te, Dio". Tra i personaggi sacri collegati a questo animale, Giuliano l'Ospitaliere, detto anche San Giuliano l'assassino. Secondo la tradizione, Giuliano era un nobile che accidentalmente uccise suo padre e sua madre, credendo di colpire un intruso, nonostante lavvertimento di una cerva. Dopo l'omicidio, pieno di rimorso, Giuliano lasciò la sua terra e intraprese un lungo viaggio di penitenza
Poi Sant'Eustachio. Secondo il cap. 161 della Legenda Aurea di Jacopo da Varagine, un giorno Placido stava inseguendo un cervo mentre andava a caccia [A 2], quando questo si fermò di fronte ad un burrone e si volse a lui, mostrando tra le corna una croce luminosa, sormontata dalla figura di Gesù, che gli diceva: «Placido, perché mi perseguiti? Io sono Gesù che tu onori senza sapere» [A 3][8]. Dopo essersi ripreso dallo spavento, Placido rientrò a casa e narrò tutto alla moglie, la quale gli riferì di aver avuto quella notte una visione nella quale uno sconosciuto le preannunciava che l'indomani ella si sarebbe recata da lui con il marito [9]. Placido, la moglie e i due figli si recarono l'indomani dal vescovo, si convertirono e si fecero battezzare [8]. Placido ricevette il nome di Eustachio (dal greco Eustáchios, cioè "che dà buone spighe").
Va ricordato, infine, che la cerva è anche attributo, tra i santi, di Egidio e Uberto.
Tra i testi e le battute che ricordano il cervo, ricordiamo:
Le femmine dei cervi preferiscono partorire i propri piccoli nei pressi di una strada, dove le bestie carnivore non si avvicinano. I maschi, invece, quando si accorgono di essere appesantiti per via dell’eccessiva pinguedine, si appartano in luoghi sicuri e si salvano nascondendosi, visto che non confidano più nella possibilità di fuggire correndo.
(Plutarco)
Un cervo, specchiandosi una volta nell’acqua di una limpida sorgente, esclamava con triste rassegnazione: “Che differenza tra la mia testa e i miei piedi! Mentre le mie corna assomigliano ai rami di un albero secolare, le mie zampe sono stecchite come due bastoni, e non sono degne della mia bellezza”.
Mentre egli si lamentava in questo modo, l’arrivo di un cane, giunse a interrompere il filo delle sue parole e lo costrinse alla fuga. Fuggendo attraverso il bosco, ebbe modo così, di accorgersi, di quanto le sue magnifiche corna, intralciassero lo sforzo che i piedi facevano per portarlo in salvo.
Il cervo che si rimira nella fonte insegna che gli uomini, di solito, disprezzano ciò che serve loro, per ammirare cose inutili.
(Jean de La Fontaine)
Non avevo mai vissuto in vita mia momenti più felici di quegli istanti solitari mentre discendevo la stretta pista dei cervi e quando ci mettemmo in marcia coi nostri zaini mi voltai per guardare un’ultima volta in quella direzione, ormai era buio, speravo di vedere qualche caro piccolo cervo, ma non vidi nulla, e cosi ringraziai tutto quello che c’era lassù
(Jack Kerouac)
Non odi cupi bràmiti interrotti
di là del Serchio? Il cervo d’unghia nera
si sépara dal branco delle femmine
e si rinselva. Dormirà fra breve
nel letto verde, entro la macchia folta,
soffiando dalle crespe froge il fiato
violento che di mentastro odora.
(Gabriele D’Annunzio)
Un vecchio Cervo un giorno
sfasciò co' du' cornate
le staccionate che ciaveva intorno.
— Giacché me metti la rivoluzzione,
— je disse l'Omo appena se n'accorse —
te tajerò le corna, e allora forse
cambierai d'opinione...
— No, — disse er Cervo — l'opinione resta
perché er pensiero mio rimane quello:
me leverai le corna che ciò in testa,
ma no l'idee che tengo ner cervello.
(Trilussa)
Si coricò la cerva
dietro
il reticolato.
I suoi occhi erano
due mandorle scure.
Il gran cervo vigilava
e a mezzogiorno
la sua corona di corna
brillava
come
un altare incendiato.
(Pablo Neruda)
Il cervo divenne per me una immagine misteriosa della natura stessa, ardita e vitale, innocente e già salva nel pensiero di Dio.
(Anna Maria Ortese)
Io sono come un cervo sempre in fuga nella foresta. Quando arriva a uno stagno dove potrebbe specchiarsi, ha tanta sete che subito lo intorbida.
(Cristina Campo)
Dove corre questa cerva scritta in un bosco scritto?
Ad abbeverarsi ad un’acqua scritta
che riflette il suo musetto come carta carbone?
Perché alza la testa, sente forse qualcosa?
Poggiata su esili zampe prese in prestito dalla verità,
da sotto le mie dita rizza le orecchie.
(Wislawa Szymborska)
Perché amo gli animali?
Perché io sono uno di loro.
Perché io sono la cifra indecifrabile dell’erba,
il panico del cervo che scappa,
sono il tuo oceano grande
e sono il più piccolo degli insetti.
E conosco tutte le tue creature:
sono perfette
in questo amore che corre sulla terra
per arrivare a te.
(Alda Merini)
Insieme alla luna,
ha visto un cervo all’alba
(Nikifòros Vrettàkos)
Io rinascerò
cervo a primavera
oppure diverrò
gabbiano da scogliera
senza più niente da scordare
senza domande più da fare
con uno spazio da occupare
e io rinascerò
(Riccardo Cocciante)
Il cervo
mi sveglio con la calda lingua di un cervo tra le gambe.
attraverso la porta aperta penetra la piana luce della sera.
il cervo mi punzecchia lievemente i seni leccandoli. lascio
che con la ruvida lingua mi lambisca il sesso,
il petto e il viso, m’inebria il suo profumo,
profumo di terra, di muschio, di fradicio e di paura.
odore d’istinto.
poi mi si sdraia accanto, accanto al mio ventre, da poter
accarezzare i suoi peli setolosi, ha la testa vigile sollevata
e lo sguardo fisso lateralmente, nel bosco.
nell’oscurità risalta il suo nudo pene rosso.
quando il tempo si addensa e tendo il braccio nel buio, sfioro
un corpo maschile. la mia smania d’amore è cocente.
mi ama con naturalezza e da vicino.
nelle mani ha i venti del nord e del sud.
attraverso il suo corpo scorrono i fiumi e si muovono gli oceani.
la bocca è calda e piena come la pioggia estiva,
la stanza è colma di voci terrestri ed extraterrestri.
a volte qualche raggio smarrito della luna gli scopre il volto.
non mi guarda negli occhi come se volesse difendermi da se stesso.
talvolta mi ama con trasporto da non farmi sentire più la gravità.
talvolta la voluttà sgorga dal suo ombelico come una piccola
sorgente limpida, talvolta dal suo interno vomita la lava,
ma non mi ferisce mai.
sempre con immensa attenzione mi posa con il ventre sulla terra,
e quando mi morde il collo e fiuto il suo caldo alito, lo so
che verrò inevitabilmente risparmiata.
ai primi albori nei suoi capelli tasto due cornetti
le setole dalla testa si allargano sulla schiena, fino al coccige.
sul ventre gli spunta la soffice erba animale.
all’alba mi scruta una testa di cervo con occhi ormai appena umani,
con occhi di là del confine.
le sempre più coriacee mani mi accarezzano assenti.
gli cresce una corona.
nel capanno si fa strada la fragranza del mattino e il cervo si alza.
quando esco davanti alla porta, mi guarda in maniera
da spaccarmi in due pezzi sull’istante e bruciarmi.
e mentre ascolto frusciare l’eco dei suoi veloci passi animaleschi,
sento che dalle mie due riarse metà crescono fiori
selvatici.
Barbara Korun, Voglio parlare di te notte. Monologhi, a cura di Jolka Millič (Multimedia Edizioni, 2013)
Fonti
Voci wikipedia per i santi citati
Ovidio, Metamorfosi, III, 138-252
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, VIII, 118
Fisiologo latino, XXX Isaia 35,6
Salmi 18,33-34; 42,2
Ripa, Iconologia
Cervo in Simboli ed allegorie, ne I dizionari dell'arte, Electa Mondadori, 2003
Mircea Eliade, Oggetto e modalità della credenza religiosa (1º volume dell'Enciclopedia delle religioni), Milano: Jaca Book, 1993.
Mircea Eliade, Il rito. Oggetti, atti, cerimonie (2º volume dell'Enciclopedia delle religioni), Milano: Jaca Book, 1994.
https://aforisticamente.com/frasi-citazioni-aforismi-sul-cervo/
Alfredo Cattabiani, Bestiario. Dialoghi sugli animali simbolici, Editoriale Nuova 1984
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