LA STANZA COLOR GLICINE - Simona Garbarino - Infine erano arrivati i giorni della cura.
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Simona Garbarino |
Camminava sola per
una strada che tagliava in due il bosco principale.
Ascoltava. Guardava: il
passaggio di una coppia in bicicletta e poco dopo l’incontro con una donna
sorridente, più o meno della sua stessa età. E poi gli orti, alzando
lo sguardo si potevano vedere: alcuni curati, altri meno ma tutti rigogliosi,
pieni di frutta, ortaggi e fiori come se la terra volesse, di colpo, rigettare
quel ben di Dio. Tutto le parlava. A un tratto si
accorse che la luna si annunciava attraverso uno spicchio sottile, come una
fetta di mela tagliata in trasparenza. La guardò. Era lì, appesa,
immobile, emanava una luce timida,
appena accennata, perché il cielo era ancora celeste. E fu lì che
all’improvviso sentì che sua madre era in ogni cosa. E si fermò. Si fermò ad ammirare
il disegno degli alberi, le chiome che si assiepavano davanti ai suoi occhi in
un imperturbabile magnifico silenzio. Sua madre era in ogni
cosa. In quel paesaggio
quieto, in quella strada, in quelle pietre, in quei frutti: appariva e spariva,
ma era su tutte le cose. Su tutte le cose lei posava il suo sguardo, lei sola
capace di indorare ogni dettaglio di luce e d’ombre. Sua madre conteneva
il cammino che lei attraversava e la accompagnava, la spingeva sostenendola. E lei si sentì quasi
fluttuare, sostenuta dall’abbraccio vibrante di questa madre immensa, cosmica,
di questa madre imperitura. Trascorse un tempo
indefinito al cospetto di quella folgorazione. Poi riprese la via
del ritorno, con un sorriso che le tenne compagnia fino alla porta di casa…e
anche oltre. Si, anche oltre.
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