RUGIADE. Novità sugli scaffali - Stefania Giammillaro su "Quando tornerai sulla terra" (Arcipelago Itaca, 2024 ) di Silvia Atzori
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Quando tornerai sulla terra - Arcipelago Itaca, 2024 |
Silvia
Atzori, classe 1998, è una talentuosa poeta originaria della
provincia di Varese, dove vive e lavora come insegnante di Lettere.
Dedita sin dagli studi
universitari alla poesia italiana, in particolare quella del secondo Novecento,
è tra i sette giovanissimi autori selezionati per il XVII Quaderno Italiano della Poesia Contemporanea edito da Marcos y Marcos, su scrutinio di un’illustre
giuria, che vanta nomi del calibro di Franco Buffoni, Umberto Fiori, Massimo
Gezzi, Fabio Pusterla, Claudia Tarolo e Marco Zapparoli.
“Quando tornerai sulla terra”, pubblicata per i tipi di Arcipelago Itaca nel 2024, nella
collana “Estuari – Giovane e nuova poesia
italiana” diretta da Alessio Alessandrini, è l’opera prima di Silvia ed è
straordinario come emerga sin dai primi versi la potenza espressiva di una “poesia di carne e d’ossa”, “ma anche di scarnificazione, abbassamento,
riduzione del corpo umano a corpo sfatto, dell’essere senziente a creatura
minore”, come si legge dall’accurata prefazione a firma di Giuseppe Nibali, anche lui tra le
brillanti voci scelte per il XVII Quaderno della Marcos y Marcos.
Ho pertanto il piacere di
condividere una mia personalissima proposta di testi tratti da questo luminoso esordio, frutto di
una penna così giovane, ma al contempo così matura e consapevole, segnalandone
sin d’ora il chirurgico, dirompente fascino come scandagliato dalla lente del
microscopio vita.
I
Il
gioco ha poche regole, ma vanno
seguite
tutte molto attentamente.
1) Non chiederti mai com’era il tempo prima.
2) Non chiederti mai
com’eri prima del fatto.
3) Non dire il tuo
nome di prima o la tua colpa.
C’è
una certa ossessione per i numeri:
stillicidio
e dispersione, stai sempre
attenta
a non chiederti
quando
potrai tornare.
*
P:
Le
ferite mi hanno sempre spaventata, ricordo
quella
volta nel cortile dietro casa e ancora
risento
l’asfalto
fregare
il ginocchio in profondità.
Il
problema non era tanto il sangue, ma
non
ho imparato a non temere la materia
la
sostanza che invade l’interno, il fatto
che
contamina.
La
scheggia sotto la pelle
avrebbe
potuto restarci in eterno:
cosa
meglio che un grumo di sangue ospita
il
dubbio dell’assedio.
Ho imparato
a
non pensare al sesso in quel modo.
*
VIII
La scaglia d’osso fra lingua
e dente non preme abbastanza,
non apre
nessun varco alla ferita.
E questo
che hai tolto da una costola
pezzo di parola
crescerà
ancora per calcificarsi, farsi
bianca cariatide
sostenere
*
NOTIZIA CRIMINIS (I)
Le
hanno cucito qualcosa nella stoffa del vestito.
Il
presagio del lutto – gli occhiali
ancora
non li portava oppure
erano
frantumati.
Una
borsa di tela – il portafogli – i documenti
quando
ancora non li aveva persi. Nel passaggio
non
ti serva avere un volto
o
attributo iconografico.
La
bocca ha un rivolo di sangue – i denti sono sani.
L’hanno
fatta stendere perché non tremi.
L’orecchino
destro è rimasto sulla terra, opaco per lo schianto:
il
pegno è stato pagato. Adesso
dovrà
elencare le sue colpe prima di continuare.
Non
ti cercheranno qui ma il debito
non
si scorderà di te.
La
flebo – l’odore del disinfettante – incantamento – insetticida
lo
sguardo di tua madre senza domande – le lenzuola
pulite
– il libro.
Solo
tu ricorderai
tutto questo,
quando
tornerai sulla terra…
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Silvia Atzori |
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