LA STANZA DEI DESIDERI - Ivana Rinaldi - Leopardi. Con pieno spargimento di cuore. Lettere sulla felicità

 

Ivana Rinaldi


Un’accurata selezione di lettere, pubblicate da L’Orma e curata da Marco Federici Solari, ci offre l’occasione di scoprire un Leopardi generoso e ardente, tenero, ostinato e indomito contro le avversità. Non il poeta pessimista che abbiamo conosciuto sui banchi di scuola, ma un giovane e poi uomo appassionato e animato da un profondo bisogno di libertà e desiderio di vita. Scrive il curatore del volume: “Leopardi, enfant prodige, che già a quattordici anni scriveva trattati e dissertazioni, è animato sin da ragazzo, da una estrema consapevolezza di sé, di fame di mondo e di esperienze, di intensità del sentire”.

Dalle prime lettere della raccolta inviate a Pietro Giordani – uno dei grandi letterati e critici del suo tempo e a cui aveva inviato la traduzione del secondo libro dell’Eneide raccogliendo il suo favore – si legge tutta la gratitudine verso colui che gli ha aperto il mondo fuori dalla sua Recanati: “Ho supplicato il cielo che mi facesse trovare un uomo di cuore di ingegno di dottrina straordinario, il quale trovato potessi pregare di concedermi l’amicizia sua (……). Oh sia benedetto Iddio (e con pieno spargimento di cuore lo dico) che mi ha concesso quello che demandava (p. 18). “Oh chi avrebbe mai pensato che il Giordani dovesse prendere le difese di Recanati? (……) Del luogo si è passata l’infanzia è bellissima e dolcissima cosa il ricordarsi. E un bellissimo dire qui sei nato (…) Ma qui puoi essere utile più che altrove. La prima cosa a me non va di dar la vita per questi pochissimi, di rinunziare a tutto per vivere e morire, a pro loro, in una tana (p. 13).

Da queste poche righe emergono le sconfinate ambizioni letterarie e le tante speranze, nonostante le condizioni di salute già precarie. Il giovane ventunenne non vuole appassire nella casa paterna del Conte Monaldo, né tantomeno nella sua natìa Recanati.  Pronto ad abbandonare per sempre lo spazio da cui non è mai uscito, se non accompagnato dai genitori o da un valletto. Lascia al fratello Carlo e al padre due lettere. Al fratello, con cui ha sempre avuto un rapporto di confidenza, scrive che due sono le ragioni per cui, raggiunta la maggiore età, lo inducono a partire: la prima, la noia orribile; la seconda, la castità a cui la famiglia lo costringe. Al padre, a fine luglio del 1819, indirizza una lettera che non sarà mai letta: “Mio Signor Padre. Sebbene dopo aver saputo quello che io avrò fatto, questo foglio le possa apparire indegno di esser letto, a ogni modo spero nella sua benignità che non vorrà ricusare di sentire le prime e ultime voci di un figlio che l’ha sempre amata e l’ama, e si duole infinitamente di doverle dispiacere”. Monaldo verrà a conoscenza del tentativo di fuga che Giacomo sta organizzando e, come prevedibile, tenterà di ostacolarlo: “Io fuggiva di qua e m’hanno scoperto. Non è piaciuto a Dio che usassero la forza: hanno usato le preghiere e il dolore” (p. 29).

Ancora da Recanati e poi da Pisa e Firenze, Giacomo continua a inviare lettere ai suoi amici, a Pietro Giordano, alla sorella Paolina, a suo padre, lettere in cui esprime il labile mondo della felicità declinata anche nella forma della consolazione e dell’arte di non soffrire. Scrive a Giordani: “Nell’ultima vostra vi vedo molto malinconico, e potete che non so come consolarvi, se non pregandovi a concedere qualcosa alle illusioni che vengono sostanzialmente dalla natura benefattrice universale, dove la ragione del genere umano, è una fiaccola che deve illuminare, ma non incendiare come fu”. (p. 38).

La felicità è il cuore della sua ricerca di individuo, anche se felice non lo è mai stato, scrive il curatore del volume. Sebbene vi sia sempre la dolcezza del “naufragare”, per Leopardi, l’anima umana alla costante ricerca del piacere è destinata a fallire. Una ricerca che non trova mai un oggetto che la plachi, porta all’infelicità. Scrive una delle operette morali, Il dialogo di Porfirio e Plotino: “Viviamo Porfirio mio, e confortiamoci insieme, non ricusiamo di portare quella parte che il destino c’ha stabilita (...). E quando la morte verrà non ci dorremo: e anche in quell’ultimo tempo gli amici e i compagni ci conforteranno e ci rallegrerà il pensiero che poi che saremo spenti, essi molte volte ricorderanno e ci ameranno ancora”.

Parole su come affrontare il dolore, l’invito a non arrendersi mai, dalle quali emergono l’affetto, la testimonianza di una vita intensa e travagliata, senza mai abdicare alla ricerca di una felicità praticabile per sé e per gli altri.

Le lettere qui raccolte sono un ulteriore strumento per entrare nell’anima di Leopardi, uno spirito che ha fatto grande la nostra umanità.

 

 

(brani tratti da: Leopardi Con pieno spargimento di cuore Lettere sulla felicità, L’ORMA, 2012)


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