LA STANZA DEI DESIDERI - Ivana Rinaldi - Katherine Mansfield. Figlia del sole

 

Ivana Rinaldi

Ancora un epistolario. Quello di Katherine Mansfield, curato con accuratezza e competenza da Francesca Neri. Scrive Neri nell’introduzione che l’appena quindicenne Katherine confidava alla cugina Sylvia Payne che avrebbe voluto vivere tutte le vite possibili, ed è quello che farà nel corso della sua breve esistenza e nella sfida multiforme della sua scrittura. Considerata dalle amiche e colleghi volubile e incostante, lei era convinta che bisognava sempre cambiare pelle e rinnovarsi. Così, si diede molti nomi: Hass, Katie, Katherine Schὅnfeld, Matilde Bery, Katiiuska, Kissenka e infine Katherine. Il suo vero nome era Kathleen Beauchamp, nata a Wellington, in Nuova Zelanda, nel 1888, da genitori di origine inglese che avevano lasciato l’Inghilterra per cercare fortuna in Oceania. Lei, Katherine, sentiva però di appartenere al mondo britannico e Londra con il suo caos e i salotti che erano nei suoi sogni, fino a che non la raggiunse per studiarvi, all’età di quindici anni. Non fu facile farsi accogliere dagli ambienti letterari borghesi che si muovevano intorno al Bloomsbury fondato da Virginia Woolf e suo marito, l’editore Leonard Woolf. Le si rimproverava il suo abbigliamento, sempre un po’ fuori luogo, la mancanza di una certa raffinatezza borghese e metropolitana, le sue origini coloniali. Eppure riuscì a farsi amare da questi straordinari intellettuali inglesi, tra i quali lo scrittore Lytton Strachey che parlò di lei a Virginia Woolf come “un personaggio straordinariamente divertente”.

Katherine era una giovane esuberante, istrionica, libera sessualmente – amava anche le donne - appassionata di teatro, di danza, di scrittura. “So di aver potere sulle persone”, un potere che continuò a esercitare fino alla sua morte avvenuta a soli 35 anni, per tubercolosi. E che si manifesta anche nella corrispondenza, attenta alle piccole cose, e a ogni destinatario scrive con l’intento di trascinarlo al suo fianco, e di portare l’attenzione su un oggetto o una sfumatura di colore, un’atmosfera, un dettaglio meraviglioso. Scrive all’amica Dorothy Brett nel luglio 1919: “Oh Vita – misteriosa vita – che cosa sei tu? Forster dice un gioco. Io sento a un tratto come se da tutti quei libri venisse un clamore di voci - sì i libri parlano – specialmente i poeti. Come sono belli i salici – come sono belli – come piove il sole su di essi – le minuscole foglie si muovono come pesciolini – Oh sole risplendi per sempre! Mi sento un po’ ebbra – mi sento come un insetto caduto nel cuore di un maggiolino. (Katherine Mansfield. Lettere). In lei è sempre presente la necessità di essere autentica. Scrive a John Middleton nel dicembre 1922: “Vedi, se mi fosse concesso di gettare un solo grido verso Dio, sarebbe questo: voglio essere VERA” (Lettere).

La memoria è stata un tema al centro della scrittura di Mansfield. La sua terra oggetto di amore e odio, è stata sempre evocata, sia nei suoi racconti brevi che nella poesia. Come pure le figure familiari, la nonna materna e il fratello Leslie, morto in Belgio nel 1915, durante un’esercitazione militare. È la morte del fratello che la avvicina al filosofo pacifista Bertrand Russell, conosciuto a Londra. Scrive di lei Pietro Citati in Vita breve di Katherine Mansfield (Rizzoli, 1980, ora Adelphi, 2014): “Katherine Mansfield fa della scrittura una tazza di cristallo. Tutti coloro che (la) conobbero negli anni della sua breve vita, ebbero l’impressione di scorgere in lei una creatura più delicata degli altri esseri umani: una ceramica d’Oriente, che le onde dell’oceano avevano trascinato sulle rive dei nostri mari”.

Quando scoprì che voleva scrivere novelle – l’arte del racconto breve –   durante un soggiorno in Baviera, spedita lì dalla madre dopo la fuga dal matrimonio con un maestro di canto durato appena un giorno, trovò in Čechov il suo maestro ideale a cui la legava una forte spiritualità e sensibilità. Scrive a Virginia Woolf il 29 maggio 1919: “La prossima settimana su Athenaeum verrà pubblicata una lettera di Čechov molto interessante. Quel che fa lo scrittore, in sostanza, non è tanto risolvere la questione, quando parla. Porre la questione è fondamentale. Questa, a mio parere, è una buona linea di demarcazione tra uno scrittore vero e uno falso. Vieni a trovarmi e parliamone”. I suoi racconti sono stati tradotti in italiano da Cristina Campo, sua grande estimatrice.

Quando le fu diagnosticata la tubercolosi, iniziò a condurre una vita di solitudine e sofferenza, ma non rinunciò mai all’amore che provava per la vita, alla lucida creatività. Tre mesi prima di morire scrisse: “Per salute intendo la capacità di vivere una vita piena, adulta, che sia viva e respiri, a stretto contatto con ciò che amo, il mare, il sole. Comprendendo me stessa, comprendo meglio gli altri. Voglio divenire tutto quello di cui sono capace: una figlia del sole. Lasciamo che tanto basti”.

Mi piace concludere questo ricordo dedicato a una delle più grandi poetesse contemporanee con una sua poesia:

Et Après

Quando il respiro estremo ebbe esalato

E la vecchia rapace morte ebbe predato

L’ultima luce degli occhi di lei

Lui si appartò

E con sorpresa del mondo

Queste poesie del sacrificio scrisse

Ispirate, roventi di passione

Se lei non fosse morta

(E seppellita), il mondo disse

Lui non le avrebbe mai scritte

Lei era ostica, stanno meglio divisi.

Ora il masso gli è rotolato via dal petto.

Ora è padrone di se stesso.

Solo.

 




Fonti:

Mansfield, Un vorace appetito di mondo. Lettere di immaginazione senza timidezza, L’ORMA, 20224.

Katherine Mansfield, Poesie e prose liriche, a cura di Mauro Del Serra, Petit Plaisance, 2013.

Pietro Citati, Vita breve di Katherine Mansfield, Rizzoli 1980, ora Adelphi, 2014.

Katherine Mansfield, Lettere, Elliot, 2016.


Commenti

  1. Grazie, molto interessante, amo questa scrittrice. https://youtube.com/shorts/Zjq0dODsw7Q

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