A BACIO DI RIMA - Lina Maria Ugolini - CORI / PORI

Lina Maria Ugolini

Lo spazio circolare dell’orchestra nel teatro greco, luogo deputato ai movimenti orchestici ovvero coreografici del coro. Il gruppo entrava in scena dai parodoi, rispettava l’anapesto, ubbidiva a un ritmo lento di marcia sul quale scandire i gesti, i suoni della poesia e della musica. Il coro solerte ascoltava il dramma, assorbiva e commentava – come scriveva Aristotele nel trattato della Poetica –  i caratteri, i casi e le azioni dei personaggi.  

Un filtrare dunque in tali cori, pori spugnosi, solleciti ad assimilare umori emotivi e cederli al pubblico, concorrere a guidare nella tensione d’ogni tragedia il polmone della catarsi, nella commedia attica antica la verità senza maschera della parabasi, un gettare la spugna, cancellare ogni illusione nel ridere delle beffe.

Pori sulla scena e pori sulla cute, schiusi nel profondo sentire dell’esistenza. Ogni poro un foro che trafora, conduce, annette e connette all’origine del creato.


Nina Cassian:

La tentazione

Più vivo di così non sarai mai, te lo prometto.

Per la prima volta vedrai i pori schiudersi

come musi di pesce e potrai ascoltare

il mormorio del sangue nelle gallerie

e sentire la luce scivolarti sulle cornee

come lo strascico di un abito; per la prima volta

avvertirai la gravità pungerti

come una spina nel calcagno

e per l’imperativo delle ali avrai male alle scapole.

Ti prometto di renderti talmente vivo che

la polvere ti assorderà cadendo sopra i mobili,

che le sopracciglia diventeranno due ferite fresche

e ti parrà che i tuoi ricordi inizino

con la creazione del mondo.

 

Nina Cassian, C’è modo e modo di sparire. Poesie 1945-2007, trad. di A.N. Bernacchia, O. Fatica, Adelphi, 2013.

 

Amo le spugne fatte di respiri, carezzevoli sulla pelle dei bimbi, odorose di schiuma prodotta e trattenuta. Si pescano in acque limpide queste creature, dragando il fondo con una rete, nell’ Egeo d’Omero, nell’isola di Lampedusa, in altri mari lontani. Portate in superficie si lasciano all’ombra in modo che ogni poro ceda i microrganismi marini. Poi in sacchi di tela tornano nel mare, a inzupparsi e detergersi. Pulite si battono con un bastone, si strizzano, si appendono vicine in collane a ricevere l’oro del sole.

Lavoravano e vivevano un tempo gli isolani con le spugne. Ogni spugna tratteneva un mondo e dava il pane, spugne dalle molliche di pane, pane del mare.



 

Spugne a globi, porose meteore, parche di peso e misteriose. Un bambino conquista la spugna più grande e leggera. Ogni poro respira muto davanti ai suoi occhi, con quella spugna sogna il futuro e ogni poro sogna del mare.

Ogni poro si fa coro del mare.



Stasimo immaginario

frammento

Siamo spugne attente

pori in ascolto del mare

poro dopo poro

cediamo al respiro

al fato che cancella.

La mano un’ancella

devota per carezza.

 

E pelle nostra certezza.

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