NUGAE - Doris Bellomusto - Io Gian Burrasca
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Doris Bellomusto |
Il giornalino di Gian Burrasca è un romanzo scritto da Luigi Bertelli nel 1907 e pubblicato prima a puntate su Il giornalino della Domenica tra il 1907 e il 1908, e poi in volume nel 1912.
Il libro è scritto in forma di diario: il diario di Giannino Stoppani, detto "Gian Burrasca". Questo soprannome, che la famiglia gli dà a causa del suo comportamento molto irrequieto (più per esuberanza che per cattiveria), è divenuto proverbiale per indicare un ragazzino indisciplinato. Melania Valenti mi chiama Gian Burrasca e io mi riconosco e così mi sembra giusto e bello omaggiare il ricordo di questo personaggio così singolare e mi piace immaginare che la mia figura, nella fantasia di chi mi vuole bene, possa sostituirsi all'immagine di Rita Pavone, celeberrima interprete del nostro piccolo antieroe. Perché sono io Gian Burrasca? Perché non sono mai precisa in niente, vivo approssimando e questo chi mi vuole bene lo sa bene. Se chiedi a me chi sono so dire nome e cognome so dire a chi appartengo da dove vengo, quanti anni ho. Ma non è questa la risposta. Se chiedi a me chi sono so dire poche cose. Sono un frammento, un pezzo, un punto in un ricamo, un segmento, un segno distratto, un incrocio, un bivio, un binario un numero primo, una vocale aperta, una virgola, un punto interrogativo, un caffè sospeso, un vetro rotto, un atto mancato, un coito interrotto, un aborto spontaneo. Se chiedi a me chi sono so dire chi non sono. Non sono intera in niente, anche il mio nome resta sempre aperto. Sono un campo a maggese terra gravida, luna sterile, cielo che canta in silenzio. Definirsi non è mai facile, forse ci definiscono solo le relazioni; volendo essere precisi, ammesso che io possa esserlo, ci definiscono gli amori e amare richiede attenzione continua, presenza e pazienza. Io sono sempre in debito. Mi distraggo, mi assento, mi spazientisco. Però fioriscono lo stesso i miei giorni, perché i fiori possono essere anche così, spinosi e secchi, ma comunque colorati e generosi per come possono... Non so pregare, non ho religione, non credo in niente che non sia verificabile, non ho fede, ma può capitare che il mio cuore di madre e donna tremi di commozione di fronte a un affresco della Madonna con bambino. Spesso penso a quanto è difficile darsi, dare l'anima a chi ci ama, accettare che l'amore ci esponga al dolore, che i legami siano sempre imperfetti e fragili. Stasera mi vedo così. Rugosa, giocosa, molto somigliante a mio padre. Bambina cresciuta senza fare troppi capricci, donna che fa disordine e ride di sé. Stasera mi vedo impertinente, infantile, ebbra di tante cose, ingorda e avida, ma mai avara. Do di me quel che resta dopo tutto il mio setacciare l'essenziale per lasciare andare il superfluo. Non resta molto. Solo una risata squillante e niente da dire se non che il mondo è buffo, la vita è strana, ma ci sono cose bellissime per cui vale la pena restare attaccati al mistero, per esempio, il cielo, i bambini, i baci, il caffè del mattino. Io non sono la somma dei giorni, la sottrazione dei sogni, la moltiplicazione dei desideri. Non sono divisa. Sono divisibile agli occhi di chi non conosce interezza. Sono nata vecchia e morirò bambina. Piccola così da stare in una sola mano. (1) Doris Bellomusto, alias Gian Burrasca 1. Poesia tratta dalla mia silloge “Fra l’Olimpo e il Sud” Poetica edizioni 2022 E a questo punto non resta che cantare…
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