LA LINGUA MISTERIOSA DELLA POESIA - Anna Spissu - Indagine sul corpo. Prologo: la mente.
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Anna Spissu |
Per il futuro, per il
2025 ormai alle porte, vorrei dedicare questa mia rubrica mensile all’indagine
sulle parti del corpo (e la poesia, s’intende). Per sua natura l’intero corpo
è, non solo ma anche, soggetto e oggetto erotico; tuttavia è possibile che,
quando l’indagine poetica riguarderà le parti intime, l’argomento incontri
qualche difficoltà per le regole dei social: è un problema di cui mi occuperò
nel nuovo anno, certamente chiederò consiglio ai saggi amministratori del Blog
sulle modalità più opportune.
Per adesso, prima di
iniziare questa indagine, mi sembra necessario fare un passo indietro e parlare
della mente, questo motore misterioso e affascinante cui è stato attribuito il
compito di comandare le nostre azioni, il nostro ragionare, la forza del
pensiero e del sentire, la cassaforte dei ricordi, la misura del tempo, le
invenzioni, i salti delle civiltà.
Tante volte abbiamo
sentito l’espressione “il corpo e la mente” e noi stessi l’abbiamo usata
spesso. Quante volte abbiamo sentito “mens sana in corpore sano”? Infinite. Il
detto è talmente noto che lo conosce anche chi il latino non lo ha mai
studiato.
Ma la mente è davvero fuori
dal corpo o ne fa parte?
La questione parte da
molto lontano, perché la mente non si vede e non si può toccare. Da Platone
fino al Medioevo è prevalsa una posizione “dualistica”, laddove la mente è
stata identificata con l’anima. La mente e il corpo sarebbero due entità
distinte e separate una dall’altra per la semplice ragione che l’anima è
immortale e continua a vivere anche dopo la morte del corpo. Nel Rinascimento neppure
la scoperta di nuove conoscenze in ambito anatomico e biologico porta
all’integrazione dello studio della mente e del corpo. Neppure gli studi di
Cartesio sulla ghiandola pineale portano a un’unificazione della mente e del
corpo: il corpo comincia a essere considerato un meccanismo perfetto che
funziona secondo un’interpretazione meccanicistica. Bisognerà attendere la fine
del 1800 perché diversi autori pongano le basi per la comprensione del ruolo
del corpo e della mente come parti integranti di un unico sistema complesso.
Sebbene il proseguo scientifico di queste analisi non possa essere oggetto di questa
pagina, risulterebbe a oggi che la posizione dualistica sia superata.
Eppure. La raffigurazione
della mente come sede dell’anima o comunque di una specie di flatus divino dove
vivono immortali i nostri pensieri, quel quid
plus che
ci lega al concetto di divino, che ci lega all’universo, qualunque nome gli si
voglia dare, eppure continua a sopravvivere.
Emily
Dickinson
ce ne mostra tutta la grandezza, addirittura paragonando il peso della mente al
peso di Dio nel verso, per l’epoca temerario, “se differiranno”
La
mente è più estesa del cielo
perché
mettili fianco a fianco
l’una
l’altro conterrà
con
facilità e tu accanto
La
mente è più profonda del mare
perché
tienili azzurro contro azzurro
l’una
l’altro assorbirà
come
le spugne i secchi assorbono
La
mente ha giusto il peso di Dio
perché
soppesali libbra per libbra
ed
essi differiranno se differiranno
come
la sillaba dal suono.
Sarebbe
facile argomentare che la data di nascita della Dickinson è determinante per
questa poesia, non fosse che, poeticamente, (e di sicuro anche da un punto di
vista puramente emozionale) la questione della connessione tra mente e corpo è
tutt’altro che risolta e mantiene la sua natura misteriosa, come nella poesia
di Mariangela Gualtieri che segue.
Nella
mia testa non c’è altro che mare
altro
che mare incantatore – altro nient’altro
che
mare e sole in un crescendo silente
e
dormiente.
Parla
un mistero. Tace un mistero
e
solo il corpo entra nel fiore
nel
fiore d’acqua.
Mente
e corpo non subalterni ma compagni, coabitatori, amici inseparabili, vicini di
casa e pianerottolo nello stesso condominio così appaiono nella poesia di Roberta
Dapunt
Scrivo
per vivere meglio le abitudini della mente.
Ripeto
a voce i versi e li riscrivo
nel
buio pesto e ad occhi chiusi,
finché
in essi non rimane l’anima soltanto
e
mi sorprendo le rare volte,
che
essa mi si presenta sul quaderno
invitandomi
a un sorriso per un attimo contento.
Il
legame è stretto, così stretto da provocare non solo azioni, ma mutazioni nel
corpo e nascite come scrive provocatoriamente Vivian Lamarque in “Poesia
illegittima”
Quella
sera che ho fatto l'amore
mentale
con te
non
sono stata prudente
dopo
un po' mi si è gonfiata la mente
sappi
che due notti fa
con
dolorose doglie
mi
è nata una poesia illegittimamente
porterà
solo il mio nome
ma
ha la tua aria straniera ti somiglia
mentre
non sospetti niente di niente
sappi
che ti è nata una figlia.
Concludo
con la poesia “Era una notte buia”, la mia versione dei
fatti spiegata con l’aiuto dell’ironia. Sebbene come tutti o come tanti,
continuerò a parlare separatamente della mente e del corpo, resto profondamente
convinta della loro inscindibilità, del fatto in fondo meraviglioso che insieme
si chiamano vita.
Ieri
ho abbandonato il cervello.
L'ho
lasciato a tradimento
senza
alcun preavviso.
Vada
per la sua strada
che
io vado per la mia.
Danni,
in cinquant'anni di vita
ne
ha fatti abbastanza
e
in quanto ai meriti
sono
di gran lunga inferiori.
Come
nei film
era
una notte buia e tempestosa
una
di quelle notti
in
cui i lampi ti entrano nelle ossa
e
fanno sconquasso
fino
alle dita dei piedi
così
mi sono decisa
e
ho colto l'occasione
per
abbandonare anche il cuore
che
pesava troppo.
L'ho
fatto alla vigliacca,
come
per il cervello,
con
una scusa neanche originale
e
io che mi ritengo
una
tenera portatrice
di
femminilità
non
ho trovato di meglio
che
dire una cosa da uomo.
Torno
subito,
vado
a comprare le sigarette
e
poi chi s' è visto s' è visto.
C'è
tanta gente
cui
mancano cuore e cervello
si
prendano pure i miei
che
ne ho avuto abbastanza.
Chiedo
al corpo di essere felice e leggero
ora
che ci siamo liberati
di
questi fardelli.
Si
schiude la notte alle stelle
il
cielo nero diventa
un
arcobaleno d'incoscienza
di
pura levità
groppi
di diamanti arrancano
sulla
pelle delle braccia
processioni
di lucciole
illuminano
i bordi della pioggia
privilegi
trasparenti di meduse
annullano
distanze marine.
Ci
sarebbe da essere in pace
non
fosse per gli occhi
che
guardano e sono ancora capaci di piangere
per
le mani che provano gioia
a
toccare qualcosa di vivo
e
ricordano che quello di prima
si
chiamava
sempre
e comunque
vita.
Emily
Dickinson “La mente è più vasta del cielo” (Poesie- Mondadori ed. )
Mariangela
Gualtieri “Nella mia testa
non c’altro che mare” (Le
giovani parole – Einaudi
ed.)
Roberta
Dapunt “III”
(La terra più del
paradiso
–
Einaudi ed.)
Vivian
Lamarque “Poesia illegittima” (Teresino- Guanda ed)
Anna
Spissu “Era una notte buia” (Milonghe del Nord – Gammarò ed.)
Grazie mi viene parola su bocca e / mente, ce l’ho la mia soluzione, / mediazione che coglie mente, anima / e cervello come tre modi di fare filosofia / sulla stessa via e poi aspettare / quando sarà la fine per capire / chi vide giusto e chi si illuse tutto!
RispondiEliminaMolto originale questa ricerca. La poesia finale è splendida.
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