POETI INCONTRATI FUORI DALLA STRADA BIANCA - Filippo Golia incontra Beatrice Zerbini

Filippo Golia (disegno di Marco Petrella)

 

Una volta ho fatto arrabbiare una poeta.

È stato per un malinteso in un giorno primaverile di tempeste, in cui dovevamo presentare un suo libro di poesie in un parco, e per quel malinteso lei si è attraversata tutta la metropoli con un trolley, dopo essersi girata mezza Italia in treno, e quando è arrivata, mentre sul parco della nostra presentazione incombeva un temporale, mi ha guardato stravolta e sì, penso di poterlo dire: infuriata.

È  stata una vera fortuna, perché proprio in quel momento, osservando Beatrice Zerbini, con cui ci conoscevamo da tempo e avevamo già condiviso un’altra presentazione, osservando quel suo viso rotondo e bonario mentre era sul punto di esplodere, mi sono detto: ma è una bambina! E poi guardandola meglio, osservando la fatica e la tensione, che entro pochi minuti avrebbe trasferito nella lettura delle sue poesie, mi sono detto: ma no, è adulta; se ho mai conosciuto una persona adulta, è lei.

 

Ed è stato in quell’istante che mi è venuto in mente di paragonare la sua poesia, insieme così pienamente matura e capricciosamente infantile, dolentemente adulta e spericolatamente bambina - e lei stessa - all’unico altro caso in tutta l’arte contemporanea dove questi due poli, maturità e infanzia, si compenetrano con altrettanta grazia e universale successo: le vignette dei Peanuts.

Ecco – in tema - una poesia di Beatrice:

 

I mostri dell’infanzia

non ci abbandonano, adesso

ci mandano a picco,

scalcagnano gli armamenti

degli affetti, dei sentimenti. E dire

che li avevamo vinti tutti allora,

con un solo lenzuolo,

una lampada accesa.

 

Non potrebbe venir illustrata magnificamente da Charles Schulz in persona?

E quindi, mentre la persona che avevo davanti a me era sull’orlo di una crisi e stava per venir giù il temporale che avrebbe annacquato e probabilmente affondato la nostra presentazione, per cui lei aveva fatto centinaia di chilometri in treno, io – devo ammetterlo – ero là che fantasticavo su quale dei personaggi della celebre striscia americana le assomigliasse di più, e per ciascuno potevano esserci delle ottime ragioni, a cominciare da Piperita Patty e Marcie, passando per Linus, Lucy e Charlie Brown; ma poi, prima che scoccasse il primo fulmine della tempesta (non so più quale, se quella in cielo o quella in terra, davanti a me), ho avuto l’illuminazione: Beatrice non poteva essere altri che Snoopy in persona. Come lui, con la sua macchina da scrivere; come lui, pronta a trasformare, inforcati gli occhialoni, la propria cuccia in aeroplano e salire volteggiando negli azzurri cieli della poesia italiana.

Perché le poesie della Zerbini sono fatte così, che dentro ci si trova spesso un ragionamento, una considerazione sul mondo - come accade per esempio leggendo Wislawa Szymborska - in cui si mescolano incanto e disincanto, amarezza e umorismo; ma sono fatte anche in modo da funzionare come scatole sonore e se le si accosta a un orecchio, dentro si sentono risuonare tanti motivi della poesia italiana, tra i più cantabili e lievi, di una tradizione abbastanza dimenticata.

La prima volta che ci incontrammo, con Beatrice, convenimmo subito che nella sua poesia si sentisse tanto risuonare Gozzano. Ma poi ne ho scovata una che invece rimodula, nei primi versi, il tema di A Silvia, di Leopardi (ed è in effetti una poesia per una persona scomparsa).

E in quest’altra, che diventò virale in rete, e che riproduciamo per intero, si può ritrovare, mormorata tra i versi, la donizzettiana “furtiva lagrima”. Quando glielo ho detto, a Beatrice, ne è stata molto contenta:

 

Egregio Direttore della Coop della Piazzetta

qui sotto,

mia ormai decennale

compagna e alleata

di quotidiane e tristi

frugali pause pranzo,

 

per la prima volta

nell’intera mia vita, senza stizza

sento

il bisogno di scrivere un reclamo

un lamento.

 

Mi preme tutto l’obbligo,

come socia, cittadina e anche solo

come essere vivente,

di segnalarle la condotta

di una sua dipendente.

 

Si tratta

di una bella donna, dai capelli

neri neri

e gli occhi chiari, cristallini,

affilati e sinceri

come cocci azzurri

di azzurrissimi bicchieri.

 

Ebbene lei,

alle tredici e quaranta circa

dei miei giorni feriali,

quando la mia faccia

si trascina già stanca

in mezzo ai vostri infernali

scaffali,

ha sempre una parola,

un sorriso, una fiamma sul viso,

gesti leggeri e segretissime

malinconie, travestite da allegrie,

un po’ come le mie.

 

Oggi, per esempio,

mentre apriva - atto non dovuto -

i sacchetti

che invece io non so mai aprire,

con un garbo fra le mani leggere,

di magia, di mestiere

che non so neanche dire;

mentre faceva passare i carciofi

lungo il rullo nero, tanto

somigliante al mio nero,

nero pensiero,

mi ha guardata, ha sorriso,

come a darmi un riposo

o così mi è sembrato

e allora

gliel’ho detto che non c’era

una persona

in tutte le Coop di questo mondo

come lei

 

e lei mi ha detto

che si commuoveva

a dirle così e così ha fatto, Direttore,

 

perché una lacrima

le è scesa dalle ciglia,

le ha tagliato la guancia

e poi tutto il sorriso;

ha provato

a fermarla con la mano,

ma ancora è scivolata, lunga

dal suo al mio pianto

e ancora è precipitata lungo

questo lungo reclamo, come

se non glielo avesse

mai detto nessuno.

 

Un’altra volta Beatrice Zerbini mi ha raccontato le vicissitudini della sua vita e le terribili avventure che hanno segnato la sua giovinezza. Adesso non ricordo bene e, del resto, non rivelerei qui le sue confidenze. Ma credo che, se si dovesse trovare un’unica parola per sintetizzare tutta la storia, quella parola sarebbe: orfana. La sua lieve e variegata poesia nasce da un’esperienza di orfanità.

E così adesso è lei, e non viceversa, che mi aiuta a capire qualcosa dei Peanuts. Forse non ci avevamo mai pensato, ma il segreto è lì davanti: Charlie Brown, Linus e gli altri sono tutti orfani.

È evidente e banale: non c’è mai stato un adulto nelle vignette, mai un adulto in quei paraggi.

Da qui la sottile miscela di amarezza e ironia, angoscia e leggerezza.

E vale anche per le poesie di Beatrice.

Poi è caduta la prima goccia di pioggia, seguita dalle altre e piano piano è venuto giù tutto il temporale e Beatrice ed io, ormai riappacificati, tra ombrelli e ombrelloni, abbiamo iniziato lo stesso la nostra presentazione.

Vi ho sostenuto la tesi che il mondo è diventato così brutto nell’ultimo secolo (lo scriveva già 60 anni fa Elsa Morante, più di recente qualcuno lo ha definito “innominabile”), così pieno di cose brutte, da costringere i poeti a mettere un filtro, prima di scrivere, a limitare lo spettro delle cose nominabili. L’amore, per esempio, quasi non lo è più.

Beatrice - ho detto – ha tolto e buttato via il filtro.

Lei può scrivere d’amore come di bancomat o di surgelati:

 

Mentre sbrinavo il congelatore

di tua figlia, un paio d’anni dopo,

ho trovato i tuoi cannelloni:

sul fondo,

batterici,

nell’urna di stagnola.

Con la scritta in corsivo incerta,

avevi decretato, vivendo:

“cannelloni/dicembre/duemilaeuno”

per un attimo ho pensato,

non potendo più amarti con le braccia,

di mangiarti.

 

Poi la presentazione è finita. Anche il temporale con la pioggia. Ognuno ha ripreso la sua strada. Qualcuno ci ha fatto i complimenti, qualcuno si è fermato per una firma sul libro.

Ma - e non se ne è accorto nessuno! - un bracchetto bianco sbucato da non so dove, le orecchie al vento, prima di andarsene, mi ha tirato un calcio.

E il calcio ha fatto: BOT!


_______________________

Beatrice Zerbini è nata a Bologna il 17 gennaio del 1983. Ha fatto parte, da piccola, del coro diretto da Mariele Ventre, iniziando ad apprendere qualcosa su ritmo e parola. Complice un’infanzia travagliata, ha iniziato a scrivere poesie quando aveva otto anni.

Nel 2006, ha aperto la pagina online di racconti tragicomici e di poesie “In comode rate”, che darà il nome, nel 2019, alla sua prima silloge, “In comode rate. Poesie d’amore” (ed. Interno Poesia).

Successivamente si è dedicata a un progetto a sostegno delle famiglie dei malati e delle malate di Alzheimer, diventato anche uno spettacolo in diverse piazze emiliano-romagnole.

Nel 2021 ha pubblicato il libro di suggestioni poetiche “Mezze stagioni” (ed. AnimaMundi) e nel 2022 la raccolta “D’amore” (ed. Interno Poesia).

Nel 2023 è apparso Padre nostro, il suo primo albo illustrato, con le illustrazioni della vincitrice del premio Andersen Maria luce Possentini (ed. Carthusia).


Commenti

  1. Bello...complimenti!
    Io ho incontrato la Poesia di Beatrice Zerbini 5 anni fa, prima ancora che pubblicasse il suo primo libro, e poi in seguito ho avuto la gioia di conoscerla personalmente qui in terra sarda, incontrandola due volte ed ho scoperto una donna fantastica, una Poeta dotata di grande sensibilità...insomma una persona speciale che dopo averla conosciuta è impossibile non amarla!
    Sono assai fortunato ad avere come amica Beatrice Zerbini.
    Antonio Casu, Sassari.

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  2. Io ho conosciuto Beatrice qui in rete. Poi un paio di presentazioni in rete. Incredibilmente ha anche letto delle cose scritte da me. È una grande poetessa e una persona molto bella 😊

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