DI CARTA IN CARTA - Enzo Cannizzo su Traccia (Traza) di Miguel Ángel Cuevas - Nello specchio salino della parola


 
Enzo Cannizzo 


“...in una pietra forse di Pantalica antica, in grotte di cordari

entro alla conca d’acqua che stillano i macigni…”

(Antonino Uccello)


Miguel Ángel Cuevas – poeta, traduttore, italianista dell’Università di Siviglia – è autore da decenni caro al lettore italiano: il suo Retro Tabula, frammento inedito di aria e sguardo in tre movimenti, finalista nel 2023 al prestigioso Premio Lorenzo Montano, come già lo era stato Postuma

Miguel ‘Angel Cuevas, traduttore in castigliano, tra gli altri, di Pirandello, di Pasolini, Consolo, Attanasio, Sciascia, Tozzi, ha licenziato in Italia più raccolte di versi in forma bilingue, in castigliano e in italiano, all’interno di un mai interrotto percorso di autotraduzione, che fanno della sua scrittura un caso unico nel panorama della poesia Spagnola di questo tempo, tale da renderne necessaria l’edizione in un solo corpo. 

La sua doppia scrittura si inserisce nella grande tradizione del translinguismo italo-spagnolo degli anni fra il Cinquecento e il Seicento ma, depurata da ogni manierismo, da ogni illusione di Rinascenza, giunge ad esiti inaugurali: la sua parola tutta si tiene in una vertigine orizzontale, in uno spazio e in un tempo nel quale la tensione verso l’alto e l’altrove, orfana di dio e degli dei, sembra attorcersi e dipanarsi in un inconsolabile labirinto di terra e stagioni, di greto e mare. 

Il bilinguismo di Cuevas non ha natura politica, ma, forse, esistenziale ed orografica. 

Sembra rispondere alla necessità delle due lingue di farsi una negli urti semantici e di suono, nei deserti e nelle acque tra loro uguali e alieni di Spagna e di Sicilia.


“onde

di rogo, conca muta.

Isola

sulla riva dell’assedio.”


Con pari forza di luce ed ombra, ferali e arcaiche ad abbattersi sui nomi che il poeta incontra, sul vulcano, sui mari, sulle pietre, sul cemento, la Sicilia ancora di Leonardo Sciascia, di Vincenzo Consolo, di Maria Attanasio – con i quali stringerà sodalizio e appartenenza - si offre allo sguardo di Miguel ‘Angel Cuevas nel cuore degli anni ottanta.

Dinamica di traffici, inerte di speranza, portatrice di natura segreta, distante dall’inganno delle masse in gita, giunge al poeta, già sedotto e informato da Celan e Giovanni della Croce, nella sua istanza profonda di pietra e acqua e, della pietra, dell’acqua, palinsesto e metafora.

Già memoria giunge, come ogni accaduto giunge ai viventi: cosa che ritorna perché da altrove freme: a sé medesimi riporta, all’altrove che ci abita.

Fare poesia, affermano i versi di Cuevas, è fare memoria, abitare il paradosso e il miracolo della clessidra che, nel suo consumarsi, si ricompone: una mistica segreta è compagna al divenire di questi frammenti, qualcosa che illumina nel suo disfarsi: fiume che si fa greto, candela che si raccolga in cera: verticalità e consunzione, tensione verso il dio che non esiste destinata ad aggrumarsi nell’arabesco, a percorrere i labirinti orizzontali del nostro tempo e del vivere.

Perciò è questa una poesia che tace, s’affila fino al soffio, corteggia il silenzio della stoppia: la sua fiamma è liquida, s’insinua, seduce e perturba per sottrazione. Lo sguardo rinomina il vivere con pudore, lo spolpa, ci costringe al midollo. 

Impone al poeta il carcere e la consolazione della riscrittura perenne, della ricomposizione del doppio esilio di un bilinguismo insonne – che, nel tradirla, tramanda quella tradizione translingue abbeverandola dalle parti di Valente, di Leopardi - migrante per un mare secco che, a notte, prosciuga ancora fino a farne silicio nel quale anche la pomice affonda, s’inabissa. 

Resiste nel suo farsi liquame, seccume colliquato, fango orfano del soffio: dio si manifesta per assenza, nessun io accade che dall’alto, o da uno sguardo, patisca baluginio di senso, canto che non sia ipnosi del silenzio, disabitata esuvia, scarto di processo necessario e vano. 

La scrittura procede attraverso condotti interstiziali, mette a dimora l’emozione in uno spazio privato, a ciascuno il suo: riguarda il poeta ciò che abita l’incàvo, ciò che giace e agisce nello sguardo sebbene sepolto dalla luce



“Quale radura ignota

sono capaci i tuoi occhi di reggere?”


In un tempo nel quale la poesia è non di rado ridotta a cane da grembo, la rapsodia per frammenti di Cuevas ci propone sentieri di senso che deviano dalla letargia del presente: un lemma non è mai solo quel lemma, una pausa non è mai solo quella pausa, ogni interpunzione è quasi un prender fiato della storia, del tempo, che tutta attraversano una scrittura dalla metrica perfetta, quasi contrappunto ironico all’aspirazione al silenzio che precede il soffio, l’inchiostro.

Tracce, memoria e direzione fragili di un passaggio, di un esserci come tra caso e memoria, tra caos e desiderio. Vivere per riscrivere, tradurre all’uno molteplice le voci di sé nel tempo attraversate. Fare di sé ritorno alla materia, atto tangibile e precario del segno. 

Registrare l’esilio, attraversarne il deserto e la grazia, lambire ad ogni verso le sponde gemelle del mediterraneo, ricomporle attraverso lo specchio salino di una parola ossuta


“Magari, nella o dalla traccia,

apparirà l’impronta, accadrà l’orma.”



Traccia (Traza) di Miguel Ángel Cuevas (Ensemble, 2024 - Collana Erranze, diretta da Gëzim Hajdari


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Enzo Cannizzo è nato a Catania nel 1970, città nella quale vive dagli anni dell’Università.

Cresciuto a Grammichele, dove la Piana di Catania incontra gli Iblei, mantiene con i luoghi della prima giovinezza un ininterrotto legame.

Già restauratore di carte antiche e poi libraio, dal 2010 è impegnato nella gestione del wine bar Città Vecchia all’interno del quale organizza reading di poesia e rassegne culturali animate da figure di rilievo, o ancora emergenti, del panorama artistico e letterario.

Sue poesie sono apparse nel 2014 in un quaderno collettivo edito da Neon. Nel Settembre 2020 è uscito per Algra Editore, nella Collana Plumelia, con la prefazione di Maria Attanasio, Il cielo pende dai lampioni, sua prima raccolta di versi. Alcune liriche presenti nella silloge sono state volte in Castigliano e pubblicate, a Siviglia, in tiratura limitata fuori commercio dal poeta e italianista dell’Università di Siviglia Miguel ‘Angel Cuevas

Altri frammenti sono stati tradotti, negli Stati Uniti, dall’italianista dell’Università di Stanford Ana Ilievska, e fanno parte del volume Contemporary Sicilian Poetry: A Multilingual Anthology da lei curata insieme a Pietro Russo.

Nel 2021, Il cielo pende dai lampioni ha ricevuto la menzione d’onore per l’opera edita al trentacinquesimo Premio Montano.

Nel luglio 2023 è uscita per Algra Editore, nella collana Ginestra dell’Etna, diretta da Maurizio Cucchi, una sua silloge, segnalata al trentaseiesimo Premio Montano, con prefazione di Miguel ‘Angel Cuevas, dal titolo Avanza un’ora di luce. La silloge è risultata prima classificata, in ottobre 2023, al contest “La poesia che canta – sesta edizione”, organizzato dalla rivista “Circolare Poesia” e vincitrice, in luglio 2024, del Concorso Nazionale di poesia edita organizzato dalla Casa Editrice “Il glomerulo di sale”.

La sua raccolta di prose d’arte inedite Zagare, segreti e un juke-box disperato, finalista alla trentasettesima edizione del Premio Montano per la sezione “Prosa inedita” è uscita, col titolo Zagare e segreti, nel 2024, per l’Editore Ensemble.

E’ curatore, insieme al poeta Sebastiano Adernò, del volume di poesia a più voci A dark way of Sicily uscito nel 2024 per i tipi de Il glomerulo di sale.


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Miguel Ángel Cuevas


Miguel Ángel Cuevas (Alicante, Spagna, 1958) è ordinario di Letteratura Italiana all’Università di Siviglia. Studioso e traduttore di Pirandello, Tozzi, Luzi, Pasolini, Consolo, Scandurra, Maria Attanasio, ha curato altresì edizioni italiane di J. Á. Valente

In poesia ha pubblicato Celebración de la memoria, 1987 (seconda forma, Memoria, 2013); Manto, 1990; Incendio y término, 2000; Silbo, 2001; in Italia, sempre in autotraduzione, l’antologia 47 Frammenti (Altavoz, Caltagirone 2005), Scrivere l’incàvo – Studio per Jorge Oteiza (Il Girasole, Valverde 2011), Modus deridendi (Sphaerae, Avola 2014), Sibilo (La Camera Verde, Roma 2015), Pietra – e cruda (La Camera Verde, Roma 2015), l’antologia Ultima Fragmenta (Algra, Catania 2017), Postuma (Le Farfalle, Valverde, 2021; finalista al premio Lorenzo Montano), Seconda forma di Manto (Le Farfalle, Valverde, 2024). Nel 2024 è apparso in Francia un Triptyque (Éliott éditions, Paris) che raccoglie in edizione trilingue castigliano-italiano-francese (traduzione a cura di Michèle Gendreau-Massaloux e Marc Cheymol) i frammenti di Scrivere l’incàvo, Pietra – e cruda e Postuma.



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