Simona Garbarino - Giorni no, giorni si

Simona Garbarino



Giorni No. Esistono, chi non li ha avuti? Periodi No…esistono, lo sappiamo. Ma anni No?

Ora non è per metterla giù tragica…ma anni No, proprio no. Non è giusto, non è neppure umano. 

Eppure per lei la vita era trascorsa così: in anni No.

Erano tanti i no degli ultimi anni. Da quando lui se n’era andato, i no avevano cominciato ad assieparsi davanti alla sua porta. Piccoli no da niente, quei no di poco conto tipo “Scusi, scende alla prossima? No”, quei “Potrebbe consegnarmela lunedì prossimo? No, non è proprio possibile”. Piccoli no da bar, “Avete il ginseng? No, non lo teniamo”, che cominciano a rosicchiarti l’anima. Perché i no piccoli sono tanti, numerosissimi, nell’arco delle nostre giornate, delle nostre settimane e se la matematica non inganna, a fine mese il loro peso si sente tutto, tra la nuca e le spalle.

Ma ci si tira su. Che sarà mai? Non vorremo mica farci demoralizzare da un innocuo esercito di piccoli no. Suvvia! Poi arrivano, perché presto o tardi arrivano, i grandi no.

I grandi Re, sovranità del diniego imperioso assoluto. “Che mi dice per quel prestito? Mi spiace ma il Direttore ha detto no”. No grandi come palazzi. “Ma esiste una cura? No, in questi casi no”.

I no mordaci, che ti strappano a brandelli la vita, oppure quelli fulminei che ti tolgono tutto in un attimo. “Ma tu mi ami ancora? No, io non ti amo più”. Padiglioni interi di no integerrimi, che fanno il loro sporco lavoro senza un cenno di sensibilità, un accenno di pietà per il malcapitato di sorte. Lei era tra questi, tra i malcapitati crocifissi da piccoli e grandi no. Ma ora era stanca di sentirsi a servizio, schiava abbonata pluridecennale. Quella mattina, davanti alla tazza fumante del caffellatte, pensò che un moto di ribellione avrebbe potuto fare la differenza. Un moto di ribellione.

Ma se le cose prendevano quella piega, come avrebbe potuto cambiarle? Improvvisamente uno squarcio, un’idea balzana, dettata non si sa da cosa o da chi le attraversò la mente. A volte capita. Capita che arrivi uno squarcio, come una folgore, e tu non sai perché. Cominciò ad accumulare fogli, fogli e fogli di ogni dimensione, piccoli, piccolissimi, grandi, giganteschi come manifesti. E cominciò, armata di pennarelli, a scrivere Sì di ogni dimensione. La casa cominciò a straripare di quintali di carta con questa risposta meravigliosa: Sì! Quando non riuscì più a girare da una stanza all’altra, decise di uscire per affittare un camioncino. Avrebbe lanciato per la città innumerevoli Sì, dappertutto.  Ecco che cosa avrebbe fatto. Una follia. Un atto completamente senza senso, senza alcuna spiegazione razionale. Sulle scalinate del centro, sui muri dei palazzi, nelle chiese, negli ospedali, nelle scuole, sulle panchine della stazione, sui treni in partenza: lì lei avrebbe lasciato una scia di innumerevoli Sì. Il giorno dopo, la città si risvegliò sommersa da un oceano di Sì, piccoli, piccolissimi, grandi, grandissimi, giganteschi. Perle di possibilità, conchiglie tintinnanti ricolme di Sì. Quella mattina furono tanti gli sguardi curiosi, sorridenti, increduli. Chi si affacciava al balcone cominciò a chiamare i vicini. “Guardate, avete visto? Sono arrivati i Sì!”. Qualche vecchio per strada li raccoglieva e li spingeva  furtivamente in tasca, i bambini li portavano a casa come si porta a casa il pane “Mamma, li metto in tavola?”.

Quel giorno molti risero di cuore, altri piansero di commozione. Alcuni si abbracciarono senza neanche accorgersene. Gli innamorati, che non sapevano di essere innamorati, finalmente capirono di essere innamorati.

Insomma, ci fu un gran frastuono nelle vie, nelle strade, nelle macchine paralizzate dal traffico, tra i camionisti sulle autostrade. E quel giorno, pensate, quel giorno qualcuno imparò persino a dire di Sì.

Era stata un’idea balzana. Sì, balzana davvero.

 

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