A BACIO DI RIMA - Lina Maria Ugolini - Note ♫ Ignote

 

Lina Maria Ugolini



Una nota annota, in chiosa di pensiero, a piè di pagina, a margine o altrove. Una nota s’appunta, s’allega indelebile, segna un merito o un demerito, una nota s’aggiunge, congiunge, si cancella. Appartiene a un autore, fedele in abbraccio [N.d.a.]. 
L’etimo della parola, dal latino nŏta «segno, contrassegno etc.», resta oscuro, non essendo possibile – precisa il vocabolario – per la brevità della ŏ, una connessione con nōsco «conoscere» e nōmen «nome».


[Scrittura musicale, 1998]


Altre Note suonano e risuonano, conosciute quanto Ignote. Con una sola nota si balla un samba, si ancheggia sulla musica di Antônio Carlos Jobim: 

-->  Samba de una nota só

Su una sola nota (SI bemolle centrale) Gioacchino Rossini compose l’aria di Argene per un mediocre mezzosoprano, Anna Savinelli, affidando con ironica perizia inventiva all’accompagnamento orchestrale acrobatici virtuosismi. 

Dall’opera seria Ciro in Babilonia"Chi disprezza gli infelici"

Note che burlano, note che gocciolano come nel Preludio della goccia di pioggia op.28 n.15 di Fryderyk Chopin. Una nota batte e ribatte, crea un ostinato che rimanda a un malinconico tormento.

Ascoltiamo l' interpretazione di Vladimir Horowiz :

Queste note si segnano nella forma di un semplice puntino in cerca di un pentagramma, trovano altre note e un ritmo che dà senso alla musica. Le note inventano scale che salgono o scendono, invitano l’orecchio ad ascoltare. 

Ogni nota in parte resta ignota, misteriosa, evocatrice d’arcano.

L’ignoto d’ogni nota aleggia tra nota e nota, tra un MI e un SOL, tra un Do e un Re. Riguarda pause di silenzio, intervalli, spazi bianchi pari a ciò che separa le parole, i versi d’una poesia. L’ignoto tra più note crea attesa, densità sospesa. 

Due mani sul pianoforte. Alla destra note di melodia, alla sinistra accordi d’armonia. Note su tasti bianchi e neri, aumentate, diminuite, alterate quel tanto da esprimere nella voce del canto lirico gli affetti, ovvero, come scriveva e teorizzava Cartesio nel 1649, Le passioni dell’anima. Tra queste, le sei dette semplici: 

«l’Ammirazione, improvvisa sorpresa dell’anima […] Amore, un’emozione dell’anima che induce a congiungersi volontariamente agli oggetti che sembrano convenirle […] Odio, un’emozione che induce l’anima a voler essere separata dagli oggetti che si presentano ad essa come nocivi […] Desiderio, un’agitazione dell’anima prodotta dagli spiriti che la dispone a volere per l’avvenire, le cose che essa si rappresenta convenienti […] Gioia, un’emozione piacevole dell’anima nella quale consiste il gradimento che essa prova per il bene che le impressioni del cervello le rappresentano come ad essa pertinenti […] Tristezza, abbattimento spiacevole nel quale consiste il disagio che l’anima riceve dal male […] Tutte le passioni sono utili in quanto fortificano e fanno persistere nell’anima dei pensieri.» (Cartesio, Le passioni dell’anima, Carabba Editore, pp.12-14)

Pensieri – aggiungiamo per questo bacio di rima – da porre su un altro pentagramma, quello del cuore, a ricevere l’ignoto che appare, la pura magia indicata dalla poesia, una via che invita a «percorrere il regno della metafora» per abbandonarsi, scrive Hugo von Hofmannsthal, a una vertigine che consola. (L’ignoto che appare. Scritti 1891-1914. Adelphi)

E magari con questa danzare un valzer senza nome.


Questo valzer senza nome

Prego… dice la mano che invita.

Prego… anima mia balliamo

questo valzer senza nome.

Io e te soli in mezzo alla piazza

tra carrozze posate in cerchio

con fari accesi e bendati di merletto.

 

Giriamo insieme io e te:

un gigante su trampoli di filo

e una nuvola ballerina

una nuvola valzerina senza nome.

 

Anima mia fatta di musica attenta

fammi compagnia per andare altrove

non appena nella notte più notte

miagoleranno i gatti con code dritte di lancette.

 

I fari sbendati dormiranno

e noi saremo verso i tetti a passeggiare

con ancora tre passi da danzare

senza peso e senza cavaliere.

 

Prego… anima mia…

Permetti?

Solo vane note… poche note ignote.

 

[da La musica nel tempo dei fiori di cappero, rueBallu]

 

 





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