David La Mantia - "Noi canteremo la fisica applicata". Il pi greco e la poesia.

David La Mantia

 
Parto da una citazione di Praga, che a fine Ottocento prevedeva per la poesia un percorso quasi matematico e statistico. Una cosa a cui adempie pienamente il conigliopollo di Pagliarani, ormai vero e proprio problema matematico.

Ma come mettere in rapporto il numero per eccellenza, il pi greco, e la poesia?

Il “pi greco” (π) è un numero reale, irrazionale e trascendente, che esprime il rapporto tra la lunghezza di una qualunque circonferenza e il suo diametro (π = 3,1415926535...).

Questo rapporto numerico era già conosciuto dai Babilonesi, che lo approssimarono in 3,125, e dagli Egizi, che lo calcolarono come 3,1605.

In seguito, verso il 434 a. C., Anassagora lo studiò a lungo per cercare di risolvere il problema della quadratura del cerchio; solo nel III secolo a. C, tuttavia, il grande Archimede lo approssimò in 3,1419.

Gli studi su questo numero straordinario, proseguirono anche nei secoli successivi. Newton ne calcolò le prime 16 cifre e, nel 2020, con un potente computer, sono stati calcolati 50.000 miliardi di numeri dopo la virgola che segue il 3, senza però esaurire l’infinita serie numerica. È ovvio che un numero così complesso, sia diventato un simbolo anche per l’esoterismo di ogni ordine e tipo.

Taluni cabalisti, infatti, al termine di complessi ma poco convincenti ragionamenti, hanno determinato che il π darebbe luogo al termine Elohim (אֱ ולֹהִםי ).

Più convincente appare la teoria che lo vedrebbe quale punto di passaggio dall’armonia del cerchio, ove tutti i punti della circonferenza sono equidistanti dal centro, al quaternario e, di conseguenza, alla sfera dell’immanente.

Va fatta, comunque, una considerazione di carattere storico, molto più concreta, ma non per questo meno affascinante delle tesi esoteriche prima esposte, che si basa su una semplice considerazione: nel mondo greco, lo studio dei numeri irrazionali e l’impossibilità della quadratura del cerchio mise in crisi la riflessione filosofica ellenica, fino a quel momento tributaria della ragione e di osservazioni empiriche.

A chi seguiva le orme di Talete, Anassimandro e Anassimene, sembrava impossibile che non vi fosse una grandezza, pur piccolissima, comune al quadrato e alla circonferenza.

Fu questo smarrimento a portare al relativismo del sofismo dei vari Protagora, Gorgia, Prodico, Ippia, Antifonte, Trasimaco, ai quali seguìrono la risposta socratica e le grandi scuole di pensiero di Platone e di Aristotele.

Il π è stato, dunque, una delle cause di una rivoluzione nel processo del pensiero occidentale e, anche per questo, oltre a diventare segno di un rapporto matematico, il π è entrato di prepotenza nella sfera del simbolismo universale, tant’è vero che oggi gli si è dedicato un giorno dell’anno: il 14 di marzo, il π day, che richiama il fatidico 3,14. Ma in poesia?

Partiamo da questo testo famosissimo.

 

È degno di ammirazione

il Pi Greco tre virgola uno quattro uno.

Anche tutte le sue cifre successive sono iniziali, cinque nove due, poiché non finisce mai.

Non si lascia abbracciare sei cinque tre cinque dallo sguardo,

otto nove, dal calcolo, sette nove dall'immaginazione,

e nemmeno tre due tre otto dallo scherzo,

o per paragone quattro sei con qualsiasi cosa due sei quattro tre al mondo.

Il serpente più lungo della terra dopo vari metri si interrompe.

Lo stesso, anche se un po' dopo, fanno i serpenti delle fiabe.

Il corteo di cifre che compongono il Pi greco non si ferma sul bordo della pagina,

È capace di srotolarsi sul tavolo, nell'aria, attraverso il muro, la foglia, il nido, le nuvole,

diritto fino al cielo, per quanto è gonfio e senza fondo il cielo.

Quanto è corta la treccia della cometa, proprio un codino!

Com'è tenue il raggio della stella, che si curva a ogni spazio!

E invece qui due tre quindici trecentodiciannove il mio numero di telefono

il tuo numero di collo l'anno millenovecentosettantatré sesto piano

il numero degli inquilini sessantacinque centesimi la misura dei fianchi due dita

sciarada e cifra in cui vola e canta usignolo mio oppure si prega di mantenere la calma,

e anche la terra e il cielo passeranno,

ma non il Pi greco,

oh no, niente da fare,

esso sta lì con il suo cinque ancora passabile,

un otto niente male, un sette non ultimo,

incitando, ah, incitando

l'indolente eternità a durare.

 

Wisława Szymborska (1923 – 2012), poetessa polacca, vincitrice del premio Nobel per la letteratura nel 1996.La poesia è tratta dalla raccolta Grandi numeri (Wielka Liczba) del 1976

E continuiamo con la storia.

I primi componimenti in versi basati sul pi greco sono stati scritti con lo scopo di aiutare la memorizzazione delle sue cifre decimali: esemplare è quello in inglese inviato da un certo F.S.R. alla rivista scientifica Nature nel 1905. Ogni parola è composta da un numero di lettere corrispondente alle varie cifre, fino alla trentunesima:


Sir, I send a rhyme excelling (314159)

In sacred truth and rigid spelling (265358)

Numerical sprites elucidate (979)

For me the lecture’s dull weight (323846)

If Nature gain not yoo complain (264338)

Tho Dr. Johson fulminate (3279)

 

Altro risultato interessante è il caedae.

Il cadae è una forma di poesia sperimentale con struttura matematica affine al fib. Mentre quest’ultimo è basato sulla serie di Fibonacci, il cadae è basato sulle cifre del pi greco, che definiscono il numero di sillabe di ciascuna riga. La parola cadae è infatti l’equivalente alfabetico delle prime cinque cifre di π: 3,1415. Ecco un esempio dell’americano Mike Rollins:

 

The Storm

Flash, Rumble (3)

Rain (1)

Awesome thunder (4)

Wind (1)

The wind will plunder (5)

As did the pirates from on yonder (9)

Raid, fall (2)

Damn! My ship is sinking (6)

The water stinging (5)

Quivering (3)

The storm moves onward (5)

I'm tired, I'm cold, I sink, I die. (8)

 

La lingua inglese, che possiede sillabe molto più lunghe delle nostre, favorisce questo genere di componimenti.

E in italiano?

Rodari, naturalmente. Nelle celeberrime "Filastrocche in cielo e in terra" si trova la poesia "Il mercante di diametri", con la quale restiamo in ambito geometrico:

 

Un cerchio ragionò:

Con tanti diametri che ho,

perché non ne vendo un po’?

Così si fece mercante

e andava per i mercati

a vendere diametri sigillati.

A chi ne comprava tre

dava in omaggio

un raggio.

Tutto questo succedeva

in un paese nebbioso,

dove anche un raggio di cerchio

sembra tanto luminoso.

Commenti

  1. Tutto spiega la poesia, allinea, collima, inventa e traccia geometrie. Dimostra sempre la Parola. Grazie.

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