Lina Maria Ugolini - A bacio di rima: "Ode/Sode"

 

Lina Maria Ugolini




Ode e Sode. In bacio di rima, due parole che rimandano a un verbo, a un aggettivo, a una forma poetica organizzata a celebrare in versi nobili e profondi, un encomio.

Come questa mattutina “Ode al riso soffiato”:

 

Nelle prime ore del giorno

quando l’aurora è ancora nuova

ti sorrido riso soffiato

posato nel buon sacco trasparente

                          che pesa poco

                                          pesa nulla.

 

Bramo di te

quella leggerezza

che fece di un respiro

un chicco chiaro di luna

tostato dalla carezza del fuoco

accesa di fragranza e gentilezza.

 

Amo di te la discrezione

che all’assaggio

ti fa scioglievolezza

perché sei briciola      tra le briciole

                                   poco di poco.

 

Serve la tua presenza

a rendere giusto ogni mattino

a fare di un poeta

un seme cortese

presente alla vita

con la giusta forza d’esser lieve.

 

Soffio di soffio

riso di sorriso

 

galleggia nel minuto naufragare

di questo bianco latte che ci attende.

(Lina Maria Ugolini, Narice dice radice, Edizioni Akkuaria)

 

Affidiamo a questi versi le note della “Mattinata” di Leoncavallo:

https://www.youtube.com/watch?v=Up04-yxeQp0

 

Gnomo - Tu folleggi veramente se parli sul sodo.

Folletto - Perché? Io parlo bene sul sodo.

 

S’ode parlare sul sodo nel leopardianoDialogo d’un folletto e d’uno gnomo”.

Riflessione quanto mai attuale nel nostro tempo ferito da violenze collettive, da veleni e plastiche accumulate in terre e mari.

Tra le pagine delle “Operette morali” le due magiche creature discettano intorno alla presenza umana nel pianeta, ne accertano la scomparsa causata dalla guerra.

Il sodo rimanda alla serietà dell’argomento, ovvero alla consistenza del problema. In realtà alla Natura non importa nulla dell’uomo, il mondo continuerà il proprio corso incurante della presenza umana.

 

Altra accezione riguarda il termine sodo se lo si rapporta a ciò che accade all’albume di un uovo posto in cottura, al guscio che lo riveste.

All’uovo duro Jacques Prévert dedica i versi d’una anti-poesia, parole vicine all’esistenzialismo di Sartre, all’insanabile frattura prodotta nella condizione dell’uomo vittima dei conflitti mondiali.

La poesia inserita nella raccolta “Paroles” del 1946, divenne una canzone interpretata da Marian Oswaldhttps://www.youtube.com/watch?v=4pdoOT4w_-0&t=15s

 

È terribile

il piccolo rumore dell’uovo sodo rotto su un banco di stagno

è terribile quel rumore quando si agita

nella memoria dell’uomo che ha fame

ed è terribile anche la testa dell’uomo

la testa dell’uomo che ha fame

quando lui si guarda alle sei del mattino

nella vetrina del grande magazzino.

Se ne infischia della sua testa quell’uomo

non ci pensa

sogna

immagina un’altra testa

una testa di vitello per esempio

con una salsa piccante

o una testa qualsiasi che si mangi

e muove piano la mascella.

Non può durare

ma dura tre giorni

tre notti

tre notti

senza mangiare

e dietro quei vetri

quei pasticci quelle bottiglie quelle conserve

caffè-crema e “croissant” caldi.

L’uomo esita

e dentro la sua testa

una nebbia di parole

sardine da mangiare

uovo sodo caffè-crema

caffè corretto col rhum

È terribile il piccolo rumore dell’uovo sodo rotto su un banco di stagno

è terribile quel rumore

quando si agita nella memoria dell’uomo che ha fame

(Jacques Prévert, Parole, Guanda, 2017)

 

I sensi dei poeti quanto mai solleciti, registrano ogni fruscio, rivelano bisbigli di suoni.

Udire, ascoltare, percepire la musica di questi celebri versi di Gabriele d’Annunzio:

 

Ascolta…

Odi? La pioggia cade

su la solitaria

verdura

con un crepitío che dura

e varia nell'aria

secondo le fronde

più rade, men rade.

Ascolta. Risponde

al pianto il canto

delle cicale

che il pianto australe

non impaura,

nè il ciel cinerino.

E il pino

ha un suono, e il mirto

altro suono, e il ginepro

altro ancóra, stromenti

diversi

sotto innumerevoli dita.

 

Al suono del rimare dannunziano accostiamo per contrasto il frastuono di un motore esaltato in ode dal futurista Marinetti e l’ironia straordinaria di Giorgio Gaber.

Ecco alcuni versi estratti da “All’Automobile da corsa” e dall’esilarante “Il truccamotori

 

Veemente dio d'una razza d'acciaio,

Automobile ebbrrra di spazio!,

che scalpiti e frrremi d'angoscia

rodendo il morso con striduli denti...

Udite voi la sua voce, cui la collera spacca...

la sua voce scoppiante, che abbaia, che abbaia...

e il tuonar de' suoi ferrei polmoni

crrrrollanti a prrrrecipizio

interrrrrminabilmente? ...

All'abbaiare della tua grande voce

ecco il sol che tramonta inseguirti veloce […]

(Filippo Tommaso Marinetti, 1908)

 

*

 

Avevo una vettura americana

Dotata di comfort ultrapotenti

Una vettura dalla forma strana

Che al suo passar facea voltar la gente

Incontro un vecchio amico

Un vero esperto di macchine di ogni cilindrata

Mi si fa incontro col sorriso aperto

Mi fa "Oè questa macchina è sprecata eh"

Limi la testa e i collettori

Cambi marmitta e carburatori

E così con poca spesa il tuo motore ha un'altra resa…

 

(Giorgio Gaber: https://www.youtube.com/watch?v=G9ElioW0AOA)

 

Affidiamo a questo gioco di rime condito di rumori, bollori e cotture ancora un bacio tra Ode e Sode (con e senza apostrofo) per una conclusiva personale filastrocca e relativo ascolto musicale a ritmo di rock and roll demenziale.

 

S’ode in ode

bollir nel tegamino

altro nutrimento mattutino.

Se sul sodo abbiam già ragionato

un uovo alla coque sia preparato!

 

(Clem Sacco e i Califfi: “Oh mama, voglio un uovo alla coque”

https://www.youtube.com/watch?v=VLY7qfAzAnc)


Commenti

  1. La levità e allo stesso tempo la profondità di questa rubrica sono una lettura piacevolissima...grazie all'autrice e al blog che la ospita

    RispondiElimina

Posta un commento

Post più popolari