Lina Maria Ugolini – A BACIO DI RIMA: "Luna/Cruna"
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di Lina Maria Ugolini |
Un bacio rimato, un bacio ricamato: Luna e Cruna. La luna, signora silente, astro d’opale dell’universo incontra il minuto foro di un ago. Un raggio sottile lo attraversa, allunga una bava esile, tesse poesia. In filo di luna, in foro di cruna. Ecco cucire una coperta trapunta di stelle, scucire un lembo ad aprire il sipario della notte.
Giacomo Leopardi compone per Selene versi di stupore. Abbiamo provato a unirli, a dare forma a un nuovo idillio:
e queta sovra i tetti e in mezzo agli orti
posa la luna, e di lontan rivela
serena ogni montagna.
O graziosa luna, io mi rammento
che, or volge l’anno, sovra questo colle
io venia pien d’angoscia a rimirarti.
Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai,
silenziosa luna?
Sorgi la sera, e vai,
contemplando i deserti; indi ti posi.
Ancor non sei tu paga
di riandare i sempiterni calli?
ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga
ai mirar queste valli?
A questi versi risponde lo sguardo di un menestrello dai capelli in cespuglio di biancospino. Angelo Branduardi:
la luna si stancò
di guardare il mondo di lassù.
Prese una cometa
il volto si velò
e fino in fondo al cielo camminò…
La luna: La Luna di Angelo Branduardi
Scriveva Pierre Reverdy, poeta e aforista ammirato dai pittori Cubisti e dai Surrealisti:
«Il poeta è un gigante che passa senza sforzo per la cruna di un ago e insieme un nano che riempie l’universo.»
La cruna minuta sollecita l’attenzione, segna un passaggio, consente una rivelazione. La penna del poeta si trasforma in ago, da ogni cruna passa la parola.
…Dove
nessuna stanza o città
s'apre all'occhio, e non muove
nel ristagno del vago
ramo o pensiero una sola
parvenza...
Una sola
cruna di luce (o d'ago)
nella mente...
La porta
morgana:
la Parola.
(Giorgio Caproni, da La porta, Tutte le poesie, Gli Elefanti, Garzanti)
«Nella cruna di un ago ci passa di tutto, c’è sempre del bello anche nel brutto» canta una canzone delle Mujeres Creando.
La luna ci guarda e noi guardiamo la luna. Chissà quale mondo esiste lassù… Il Duca Astolfo salta in groppa all’Ippogrifo. Tra le valli della luna, recitano le ottave di Ludovico Ariosto, finiscono le umane cose perdute. Tra queste la lieve ampolla, colma di liquor sottile, del senno di Orlando, paladino furioso d’amore.
Era come un liquor suttile e molle,
atto a esalar, se non si tien ben chiuso;
e si vedea raccolto in varie ampolle,
qual più, qual men capace, atte a quell'uso.
Quella è maggior di tutte, in che del folle
signor d'Anglante era il gran senno infuso;
e fu da l'altre conosciuta, quando
avea scritto di fuor: “Senno d'Orlando”.
E così tutte l'altre avean scritto anco
il nome di color di chi fu il senno.
Del suo gran parte vide il duca franco;
ma molto più maravigliar lo fenno
molti ch'egli credea che dramma manco
non dovessero averne, e quivi dénno
chiara notizia che ne tenean poco;
che molta quantità n'era in quel loco.
Altri in amar lo perde, altri in onori,
altri in cercar, scorrendo il mar, ricchezze;
altri ne le speranze de' signori,
altri dietro alle magiche sciocchezze;
altri in gemme, altri in opre di pittori,
ed altri in altro che più d'altro aprezze.
Di sofisti e d'astrologhi raccolto,
e di poeti ancor ve n'era molto.
(Ludovico Ariosto, Orlando furioso, canto XXXIV)
«La luna fa di latte i tetti e d’argento il mare. Vincenzo sente la lontananza che lo separa dalla Sicilia, dall’isola che lo ha fatto nascere lasciandogli dentro, come ninfa gentile, la malinconia. Anche il profumo dei gelsomini di Napoli è bianco. Entra dalla finestra e piega in carezza la fiamma della candela. La luna suggerisce le note più giuste sui tasti del clavicembalo. Vincenzo è solo in una stanza del Regio Conservatorio di San Sebastiano. Quella luna ha lo stesso movimento che rende vago il languire di un sospiro. Come fletterlo ancora a un respiro può dirlo solo la musica.»
(Lina Maria Ugolini, dal racconto per musica e pupi Vincenzo e la luna, Vincenzo e La Luna)
Da questa immagine poetica la melodia di Vincenzo Bellini su versi ignoti.
Vaga luna che inargenti: Bellini - Vaga luna che inargenti
Tutte le parole giocano in suono. Per Gianni Rodari, in virtù d’errore calligrafico, creano oggetti mai visti, additano luoghi inesplorati da rintracciare su “carte geofantastiche”.
In un misterioso L’ago di Garda, dove staranno i pesci, nella cruna? Dove si specchierà mai la luna?
L’ago di Garda
C'era una volta un lago, e uno scolaro
un po' somaro, un po' mago,
con un piccolo apostrofo
lo trasformò in un ago.
"Oh, guarda, guarda -
la gente diceva
- l'ago di Garda!"
"Un ago importante:
è segnato perfino sull'atlante".
"Dicono che è pescoso.
Il fatto è misterioso:
dove staranno i pesci, nella cruna?"
"E dove si specchierà la luna?"
"Sulla punta si pungerà,
si farà male…"
"Ho letto che ci naviga un battello".
"Sarà piuttosto un ditale".
Da tante critiche punto sul vivo
mago distratto cancellò l'errore,
ma lo fece con tanta furia
che per colmo d'ingiuria,
si rovesciò l'inchiostro
formando un lago nero e senza apostrofo.
(Gianni Rodari, Il libro degli errori, Einaudi)
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