Anna Martinenghi – Poesia (elementare) della réclame
Anna Martinenghi
“Chi Vespa mangia le mele.
(Chi non Vespa no!)”
Gilberto Filippetti – 1969 – Spot Vespa
Piaggio
Facciamo un esperimento: utilizziamo la
poesia, come parametro di misura della felicità nella società umana. Banalmente,
una comunità che disponga di 200 kg. (o chilometri, ettolitri o bruchimela) di poesia pro-capite/anno,
sarà più felice di una comunità che ne abbia a disposizione solo 2 kg. (o
chilometri, ettolitri o bruchimela) a
persona.
So bene che ci troviamo nel campo
dell’assurdo, ma vi prego di continuare a seguire il mio delirio. Una società
che abbia come obiettivo la poesia e l’espressione artistica, è una società che
pone al centro l’individuo e il suo benessere in ogni sua forma: culturale,
economica e di salute pubblica (il famoso welfare…), impegnandosi nella
realizzazione di strutture e servizi rivolti alla persona. Una società ideale,
con fortissimi ideali. Niente di semplice: ci sono riuscite nella storia solo
alcune società evolute, per piccole frazioni di tempo (esenti da conflitti), ma
quasi sempre quelle stesse società basavano il loro equilibrio sull’esercizio
della forza e sullo sfruttamento di un enorme numero di schiavi.
Una società ideale ha infatti
bisogno di enormi fonti di energia e risorse, di sostentamento economico e di
un costante equilibrio sociale. Quisquilie per cui ci si ammazza parecchio. Ma
non perdiamo d’occhio l’obiettivo finale: non sono l’interesse economico,
l’esercizio di potere e forza, a reggere la società che ci piacerebbe, bensì la
felicità delle persone.
Ci hanno provato gli Stati Uniti
inserendola come obiettivo perseguibile
nella Dichiarazione d’Indipendenza del 4 luglio 1776, (chiudendo un
occhio e poi l’altro sull’esperienza schiavista e belligerante che ha fatto di
loro uno dei paesi più importanti del mondo per lunghissimo tempo), nella quale
si legge che «Tutti gli uomini sono creati uguali; che essi sono dal Creatore
dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti vi sono la vita,
la libertà e il perseguimento della felicità». Almeno a parole ci hanno
provato.
Secondo la mia sgangherata teoria,
quindi, siamo una società tristolina, se poca poesia equivale a poca felicità. La
poesia, infatti, non rappresenta affatto il linguaggio del mondo contemporaneo,
che parla invece il più spudorato e sfrontato linguaggio commerciale della réclame. D’altro canto, se l’obiettivo del mondo è
arricchirsi, dovremo pur venderla, questa felicità.
Eppure, tra l’ars poetica e la pubblicità, apparentemente una agli antipodi
dell’altra - la prima, espressione libera per eccellenza, la seconda, lingua persuasiva
e manipolatoria per tecnica e obiettivi manifesti – esistono moltissimi punti
di contatto.
Perdonate la mia colpevole
semplificazione nel trascurare le tante formule pubblicitarie, oggi sempre più
propense all’utilizzo di (video) immagini e di marketing sensoriale, per
portare la vostra attenzione sulla impressionante concomitanza di elementi
poetici, quando il messaggio pubblicitario è veicolato dalle parole. Ecco
comparire nei testi di moltissimi spot:
-
Ritmo,
rime, assonanze.
-
Frasi
brevi e incisive.
-
Neologismi,
citazioni, richiami letterari.
-
Giochi
di parole o doppi sensi.
-
Stravolgimenti
linguistici.
-
Linguaggi
figurativi e metaforici.
Il linguaggio pubblicitario sa bene che
la musicalità delle parole è il primo elemento per ricordarla facilmente, in
quella stessa forma di poesia elementare
che tutti sperimentiamo fin dall’infanzia nel sillabare armonico-musicale
delle ninne-nanne e che crescendo si fanno filastrocche, rime baciate,
tiritere: ritmi istintivi che riportano al battito del cuore delle madri
percepito da noi tutti nella vita prenatale.
I payoff
di alcuni spot divengono così moderne litanie, scioglilingua, tormentoni
mentali, difficili da scacciare. Ecco alcuni esempi:
-
Ritmo, rime, assonanze:
O così. O Pomì.
Mitsubishi mi stupisci.
Poltronesofà artigiani della qualità.
Fate l’amore con il sapore.
L’analcolico biondo fa impazzire il
mondo.
Pesca e albicocca, saltami in bocca.
Né punti, né unti.
-
Frasi brevi e incisive:
Chicco. Dove c’è un bambino.
Dove
c’è Barilla c’è casa.
Un
diamante è per sempre.
Amaro Montenegro, sapore vero.
Senza fare un tasso.
Bevo Jägermeister. Perché?
Sono solo fatti miei.
Just do it.
Più bianco non si può.
Falqui. Basta la parola.
L’ottimismo è il profumo della vita.
No Martini, no party.
Neologismi, citazioni, richiami letterari:
L’irresistibile scioglievolezza.
I biscotti inzupposi.
La morbistenza.
“Chi mi ama mi segua”
(pantaloni Jesus jeans 1973)
“Non avrai altro jeans
all'infuori di me” (pantaloni Jesus jeans 1973)
“Come natura crea, Cirio
conserva” (Conserve alimentari Cirio, 1950)
“Buitoni. Ed è subito
festa”
“Questa è l’ora senza pari,
questa è l’ora del Campari”
“L’attesa del piacere è essa
stessa piacere” (Campari 2011)
“AbracadaBra” (Wonderbra)
-
Giochi
di parole o doppi sensi:
Altissima, purissima, Levissima.
Liscia, gassata, Ferrarelle.
Sete d’estate? Sete d’Estathè.
Fiesta ti tenta tre volte tanto.
Ceres c’è.
-
Stravolgimenti
linguistici:
Chi Vespa mangia le
mele (chi non Vespa no!)
Metti un Tigre nel
motore.
Il supermolleggiato Pirelli
(1978)
Buona camicia a tutti. (La
camicia coi baffi Dino Erre Collofit 1985)
-
Linguaggi
figurativi e metaforici:[1]
Diafora: ripetizione
di una o più parole all’interno dello stesso periodo ma con significato diverso
o enfatizzato.
“Non ci vuole
un pennello grande ma un grande pennello” (Pennelli Cinghiale)
Domanda retorica: figura
retorica che consiste nel porre una domanda che non ha lo scopo di ottenere
informazioni ma sottende una risposta implicita.
“Che mondo sarebbe senza
Nutella?” (Nutella)
Metonimia: Consiste
in uno spostamento di significato tra due termini legati da dipendenza o
contiguità logica (effetto per causa, causa per effetto, contenente per il
contenuto, materia per oggetto).
“Fidati del rosa” (Vanish)
Onomatopea: consiste
nella riproduzione, attraverso la lingua, di suoni e rumori associati a un
soggetto o a un oggetto a cui ci si riferisce.
“Brrr… Brancamenta”
(Fernet Branca)
Enumerazione: consiste
nell’elencazione di parole o frasi per asindeto o polisindeto.
“Pampers nasce, cresce,
corre” (Pampers)
Epanalessi: consiste
nel ripetere una o più parole all’interno dello stesso periodo per rafforzare
l’intensità di un verbo, di un sostantivo, di un’idea.
“Piano piano, buono buono” (Maina)
Siamo circondati
da poesia elementare, con poca consapevolezza e con intenti diversi dalla
stessa natura poetica: la pubblicità ruba alla poesia tecniche e metodi, non
per esprimere liberi pensieri, ma per indurre bisogni, per farci “mandare a
memoria” nomi e marche a cui incatenarci.
Non
resta che capovolgere un mondo già capovolto, in cui sono gli oggetti a fare la
felicità e non la felicità a essere diritto delle persone:
Basta
la parola
nell’incredibile
scioglievolezza
di far
l’amore
con il
sapore
quello
vero
che fa
impazzire
il
mondo
mentre
mi stupisci
mio diamante
per
sempre
tre
volte tanto
[1] Tratto dall’articolo on-line: “Le figure retoriche
più usate in pubblicità”: https://scaicomunicazione.com/figure-retoriche-pubblicita/
Ott esercizio,ci proverò
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