LA MOSSA DEL PEDONE - Daniela Stasi - "Il femminile, la guerra, lo sguardo di Yasujiro Ozu"
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Daniela Stasi |
"IO dico NO, ai
movimenti di cinepresa magniloquenti.
SI, invece, a quelli
misurati e fissi: a riprendere ad altezza di pavimento i passi e gli inciampi,
del corpo delle Donne.
No al Mito, con la visione
ad altezza di scudo, che deforma il volto femminile confondendo violenza con la
sua sapiente gestione del conflitto.
Piuttosto quelli ad
altezza di parto, di messa al mondo; non di messa a morte".
***
Virgilio nell’Eneide, Pentesilea
«Pentesilea
come una furia guida falangi di Amazzoni
coi loro scudi lunati e in mezzo a mille
risalta
per la cintura d’oro che sotto il seno nudo
tiene annodata;
vergine guerriera, che osa scontrarsi con
uomini armati».
***
Tasso, nella Gerusalemme Liberata,
Clorinda (agli occhi di
Tancredi..sempre, nello sguardo, compromesso, del maschile)
«Mentre
sono in tal rischio, ecco un guerriero
(Chè tal parea) d’alta sembianza, e
degna:
E mostra d’arme, e d’abito straniero,
Che di lontan, peregrinando, vegna.
La tigre che sull’elmo ha per
cimiero,
Tutti gli occhi a se trae; famosa
insegna,
Insegna usata da Clorinda in guerra,
Onde la credon lei, nè ’l creder erra».
***
Invece ecco “lo sguardo” ad altezza di corpo delle donne!
di Beatrix Bracco “Il mio corpo non è limite sufficiente”
Analizzo i delitti commessi con la parola
e la paura si affretta
accade
che ignoro il senso vero delle cose
anche se la parola rimane
quando mi separo da essa
sono vicina alle mie viscere
comincio a confondere i limiti
e le definizioni si perdono
come una candela in una mattina d’estate
di Silvia Batisti Scruto “il mio sesso”
scruto il mio sesso il corpo di bambino
che mi trascino il ginocchio che pesa
la testa i riccioli di un topino
colore
il mio seno di femmina
d’animale cresciuto per forza
i capezzoli ciechi e rugosi
la mia faccia di neonato
di vecchio infante messo a morte.
**
È un pezzo - questo mio- “estortomi” dalle circostanze drammatiche, che tutto il Mondo sta vivendo, da ormai troppo tempo...
Perché trovo ineludibile, oggi, parlare d’altro se non di Guerra; e di genocidi perpetrati ad opera del corpo - inesistente- del maschio.
Solo l’ispirazione del cinema di Yasujirō Ozu mi rende il compito meno gravoso...
Ma non riuscirò ugualmente a dare seguito al pensiero iniziale, di conferire maggior compiutezza al mio pensiero, attraverso un testo più articolato...
Perché sono disgustata...sfiancata... e mi fa orrore che non si provi orrore.
Per questo sarò stringata, all’essenziale.
Nel contempo, la prosa del pensiero maschile imperante mi schiaccia, anche il pensiero poetico.
La
poesia delle donne non è quella dei reduci: che, pur criticando le guerre,
esaltano il coraggio del combattente.
La
poesia delle donne procede per sottrazione, del diritto - negato - a opporsi!
Ed è un
interrogativo pressante, quello che pongo all'attenzione: può quel nostro corpo
di Donna pensare “la guerra”? Quella vera, che distrugge quei figli dati al mondo
con dolore e cresciuti con cura?
***
Devo alla fotografia e ai grandi maestri della cinematografia una percezione della realtà essenziale e minimale, capace di andare al cuore delle emozioni e del non-detto.
Vista dal basso senza pensieri di interposizione. Che rappresentano le componenti principali del modo di fare cinema di Yasujirō Ozu (1903-1963)
E far
concentrare sui volti, sui corpi, sulle emozioni trattenute. Tipiche del femminile.
L'ellissi, la recitazione "trattenuta" degli attori, il parsimonioso uso del primo piano, fanno parte di quell'economia formale tanto cara al cinema di Ozu, che preferisce l'implicito all'esplicito, l'allusione al mostrare tutto. Come scrive lo stesso cineasta:
Ozu si astiene del tutto dall’enfatizzare le emozioni, evita
quindi i primi piani drammatici e l’uso invasivo della colonna sonora. La
musica è limitata ai cambi di scena, spesso usata per compensare o spiazzare
l'umore dei personaggi. Ozu prosciuga il suo cinema, le storie e lo stile, per
concentrarsi su alcuni motivi e segni, per lavorare in profondità.
Se le differenze tra gli organi rende la parte maschile dei
corpi umani meno capace di accoglienza e flessibilità: le guerre sono sempre un
fenomeno maschile.
Anche se le donne vengono coinvolte come partecipanti, ma il più
sovente come vittime.
Le donne possiedono il locus dell’accoglienza dentro il proprio
corpo, come nelle inquadrature d’interni di Ozu: come sostengono la
filosofa Luce Irigaray e la psicoanalista Julia Kristeva, < I corpi maschili sono, in un certo senso, “troppo pieni”. Per
giungere alla tenerezza, devono fare un “secondo giro”, passare per la
socializzazione, l’educazione>.
Molte delle scene di
conversazione di Ozu sono costruite in modo che gli sguardi dei due
interlocutori siano diretti entrambi nella medesima direzione: in questo
modo "gli
spettatori, naturalmente incluso me stesso, istintivamente capiscono senza
problemi che i due stanno faccia a faccia".
Secondo il suo storico
direttore della fotografia, Atsuta Yuharu, questa scelta è dovuta al
principio armonico su cui si basa tutto il cinema di Ozu, secondo il quale i
personaggi che conversano non guardano più l’uno contro l’altro
e a sottolineare che ciò che conta non è il conflitto ma la
ricerca di un punto in comune.
Del resto il conflitto tra “due nazioni” è sinonimo di guerra, ovvero distruzione dell’avversario attraverso l’esercizio della violenza. È tuttavia doveroso sottolineare che esiste in realtà una netta differenza di significato tra le due parole: conflitto vs violenza.
Il conflitto è una contrapposizione
“forte e netta” tra diverse posizioni, una divergenza di opinioni che non
esclude una qualche forma di rapporto con l’altra parte, anche se ampiamente
problematica. Il conflitto viene da sempre gestito “dal femminile”.
La violenza è invece un modo per
terminare il conflitto attraverso l’eliminazione fisica della controparte.
Nella violenza l’azione è irreversibile. La violenza è gestita “dal maschile”.
***
Se mettessimo
ferma a pochi centimetri da terra la cinepresa di Ozu, vedremo le donne, anche
le più impegnate, uscire da casa dopo aver preparato e nutrito i figli...
E non potresti mai immaginare che le stesse possano uscire a disfare tutto ciò in un soffio! Milioni di corpi in un soffio...
Chiudo con una riflessione di Alessandra Bocchetti, da un documento del marzo 1984 del Centro Culturale Virginia Woolf
“...la distruzione della terra può avvenire solo ad opera di chi può pensarsi senza corpo, e può pensare di poter distruggere la vita che non può generare; così rendere la terra sterile…mentre le donne non l’avrebbero potuto volere...”
“La guerra è un’impresa maschile a cui siamo estranee” (Virginia Wolf)
***
Fonti:
1) Dal libro di Bruno Fornara, Geografia del cinema. Viaggi nella messinscena
2) Poesia femminista Italiana, edito da Savelli Editore, un’antologia curata da Laura Di Nola, dove sono raccolte liriche di autrici, alcune conosciutissime e altre un po’ meno.
3) Didascalia:
Chieko Higashiyama e Setsuko Hara in Viaggio a Tokyo, di Yazujiro Ozu (Tokyo monogatari, 1953)
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