Ezio Vendrame, una vita in fuorigioco- di Marco Brogi

 

di Marco Brogi


Dal calcio alla poesia, la storia di un’anima irregolare

La vita è troppo piccola per decidere tutto da sola. E' ciò che deve aver pensato Ezio Vendrame quando a 15 anni ha preso in mano il telecomando della sua vita e non l'ha più mollato: “Accetto il rischio di essere vivo, sul cuore niente preservativo”.
Questa frase me l’ero annotata, come le altre di Ezio che troverete in questo scritto, durante la nostra frequentazione, visto che ho avuto il privilegio di essergli amico e di dividere con lui il pane dell’amicizia in notti interminabili di vino, canzoni e poesia.
Nato il 21 novembre 1947 a Casarsa della Delizia, il paese di Pasolini (“anche se è morto da tanti anni, è il più vivo dei miei compaesani”), nell’adolescenza in collegio scoprì la ferocia dell’esistenza, il deserto degli affetti, ma anche un’ uscita di sicurezza: "Fu calciando in alto un pallone che sentii di poter bucare il cielo, aprirmi un varco, una via di fuga".
Le giovanili dell’Udinese, l’esordio in serie A con il Vicenza, poi il Napoli, il Padova e varie tappe in squadre minori, ‘Il George Best italiano’, ‘Il Bukoski del pallone’, ‘Il Pasolini del gol’ per dirla con alcune delle tante etichette che gli erano state appiccicate addosso e che lui detestava (“le uniche etichette che mi piacciono sono quelle del vino”), avrebbe avuto tutto e anche di più per diventare una stella del calcio, favorito da un talento naturale e piedi stratosferici. Ma il calcio e il circo del calcio da subito gli andarono stretti: "Ho cominciato a prendere un pallone per gioco e volevano farmi credere che fosse il mio destino. Poi ci misi poco per capire in che guai mi ero messo: il tempo di riconoscere un sasso dal sentimento”.
Capelli lunghi, la chitarra che sa a memoria le canzoni di De André, Tenco, Brel, amori e notti folli, le poesie di Salinas e Dino Campana in testa, la carriera dell’irregolare, Vendrame finisce nel 1986 nelle categorie inferiori, dopo una decina di anni in cui si è divertito a dribblare i luoghi comuni, a forzare le serrature della banalità, fingendo di segnare nella sua porta, soffiandosi il naso con la bandierina del calcio d’angolo, interrompendo una partita per andare a salutare in tribuna un suo caro amico, il poeta e cantautore Piero Ciampi, un altro che come lui sentiva il marciapiede cedere sotto il peso dell’assenza.
Una breve esperienza da allenatore dei ragazzini (“Non dobbiamo stare male più di tanto quando perdiamo una partita, ma quando perdiamo un affetto, o quando deludiamo qualcuno che ci ama! Ma tutto questo loro lo capiscono subito. Sono gli adulti che non comprendono, a cominciare dai genitori. Per questo motivo sogno da sempre di allenare una squadra di orfani!”), e inizia l’altra vita di Ezio, quella di un poeta in cui coincidono gesto e parola. O se vogliamo gesto e poesia. L’amore che Ezio donava agli ultimi, agli invisibili, alle creature rotte sotto forma di una pacca sulla spalla, uno sguardo di compassione o un caffè pagato è il sentimento che nutre tanti dei suoi versi scorticati, mai consolatori, rassicuranti, riflesso del suo vivere randagio, a tu per tu con la solitudine e la disperazione. Il cammino contromano di Ezio Vendrame si è interrotto nel 2020, a 73 anni. Ezio ci ha lasciato numerose sillogi, tra cui Senza alcun anticorpo (Campanotto, 1994), Un farabutto esistere (Biblioteca dell’Immagine, 1999), Il mio cuore stuprato (Biblioteca dell’Immagine, 2004).
Poesie potenti, crude, dense, antiliriche. Anche perché nell’esistenza, come ripeteva spesso, di lirico c’è ben poco.

*****

Quando la terra

mi scoprì

flirtare con la luna

s’inchinò,

relegandomi nel castigo

di un’irta salita.

da Il mio cuore stuprato (Biblioteca dell’Immagine, 2004)

*****

Per te, ho pedinato il vuoto,

sfidando il volo dei rapaci

e la ragione. Ora,

imprigionato nel buio,

deporrò la spada sul tuo inguine,

e dalle carni accese dei tuoi fianchi

sfilerò il marchio arroventato

dei miei morsi. Ma tu,

ti prenderai cura

delle zolle aride

della mia terra?


Da Un farabutto esistere (Biblioteca dell’Immagine, 1999).



Commenti

Post più popolari